C’è ottimismo attorno alla crescita economica dell’Italia dopo l’aggiornamento delle previsioni da parte della Commissione europea. Bruxelles adesso stima il nostro PIL a +6,2%, in netto rialzo dal +5% atteso in estate. Lieve miglioramento anche per l’anno prossimo, quando dovremmo crescere del 4,3% e non del 4,2% precedentemente previsto. Infine, +2,3% il tasso di crescita per il 2023.

E le stime sono state aggiornate e riviste in positivo anche per l’intera Eurozona, che quest’anno vedrà salire il PIL del 5%, l’anno prossimo del 4,3% e nel 2023 del 2,4%.

Dunque, l’Italia farebbe decisamente meglio quest’anno del resto dell’Eurozona. E questo è un modo di vedere il bicchiere mezzo pieno. Se guardiamo all’altra metà vuota, invece, dobbiamo premettere che questi tassi di crescita arrivano dopo un 2020 particolarmente drammatico per l’economia italiana e nel corso del quale essa ha perso l’8,9% contro il 6,6% dell’Eurozona.

Prendendo come riferimento il 2019, anno prima del Covid, otteniamo che al 2023 l’economia italiana sarà cresciuta del 3,2% per le previsioni UE, mentre l’Eurozona del 4,7%. A conti fatti, resteremo indietro di 1 punto e mezzo rispetto al resto dell’Eurozona. E questo dato arriva dopo un lungo decennio di forte arretramento. Alla fine del 2019, infatti, il PIL reale dell’Italia risultava del 4% più basso del 2007. Quello dell’Eurozona risultava del 9,4% più alto.

Previsioni crescita Italia solo apparentemente positive

Mettendo insieme questi numeri, scopriamo che nel 2023 l’economia italiana resterebbe di circa l’1% inferiore ai livelli del 2007. Nel frattempo, l’economia nell’Eurozona sarà cresciuta del 14,5%. Dunque, con la crisi finanziaria mondiale prima e la pandemia dopo l’Italia ha fatto 15 passi indietro rispetto al resto dell’unione monetaria. Possiamo considerare un successo questi numeri? Evidentemente, no. Certo è anche che le previsioni non sono scolpite sulla roccia e potranno essere smentite in un senso o nell’altro.

A dire il vero, appaiono ottimistiche, considerati i nostri trascorsi.

Dopo la crisi finanziaria del 2008-’09, infatti, non sono non fummo in grado di recuperare la ricchezza perduta, ma anzi continuammo ad arretrare. Tuttavia, allora la politica fiscale fu restrittiva su ordine dei commissari europei e quella monetaria non offrì un immediato sostegno alla crescita. Al contrario, la BCE era tornata ad alzare i tassi nell’estate del 2011, decisione rivista pochi mesi dopo dal neogovernatore Mario Draghi, che tornò ad abbassare il costo del denaro. Insomma, la storia non si ripete mai uguale a sé stessa. Le condizioni esterne sono mutate parecchio, ma resta il fatto che continueremmo ad arretrare rispetto alle altre economie dell’euro.

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