In pochi sanno che a partire dal prossimo 2 marzo entrerà in vigore il DM 226/2015, che consentirà anche in Italia la possibilità di monetizzare il proprio immobile. Come? Grazie al prestito vitalizio ipotecario, che se nel nostro paese rappresenta una novità, nel mondo anglosassone è uno strumento già collaudato negli anni di accesso al credito. Non riguarderà tutti, bensì i proprietari di immobili di età almeno pari a 60 anni. Essi potranno chiedere un finanziamento a un istituto di credito, cedendo in cambio in garanzia un immobile di proprietà, sul quale sarà iscritta un’ipoteca.

Fin qui nulla di anomalo, perché già oggi è possibile impegnare una casa o un altro tipo di immobile per garantire un prestito contratto con la banca o la società finanziaria. La differenza sta nel fatto che il proprietario e debitore non è tenuto al rimborso del finanziamento, né al pagamento degli interessi. Infatti, egli ha facoltà di non restituire alcunché al creditore, ma alla sua morte l’immobile estinguerà il debito in uno dei modi che vedremo.

Come funziona

Deceduti il proprietario e il coniuge, l’immobile ipotecato passerà agli eredi, i quali hanno a disposizione 3 opzioni: tenerselo, ma restituendo con mezzi propri il capitale all’istituto, comprensivo degli interessi maturati fino a quel giorno; venderlo per conto proprio, saldando il debito con il ricavato; rinunciare alla proprietà e cederlo alla banca, che provvederà in maniera autonoma a rivenderlo, soddisfacendosi del credito vantato e versando agli eredi l’eventuale differenza positiva tra il maggiore prezzo di vendita e il credito maturato. Qualora il ricavato della vendita risultasse inferiore al credito, nulla sarebbe richiesto agli eredi, per cui l’eventuale perdita ricadrebbe interamente sull’istituto. La normativa in vigore tra qualche settimana fissa alcuni paletti: oltre all’età minima per accedere al finanziamento, qualora il proprietario sia coniugato o convivente da almeno 5 anni e il coniuge o convivente risiede nell’abitazione che si intende ipotecare, la firma del contratto deve avvenire per mani di entrambi i soggetti.

 L’istituto di credito dovrà attendere il decesso di entrambi, prima di potere procedere all’eventuale rivalsa sull’immobile.    

Prestito erogato sarà inferiore al valore dell’immobile

Il finanziatore ha anche la possibilità di rivalersi in anticipo sull’immobile ipotecato, qualora questo abbia perso notevole valore commerciale rispetto alla data di firma del contratto di finanziamento, ovvero nei casi di trasferimento di diritti reali o di godimento da parte del finanziato verso terzi soggetti; nei casi di compimento di azioni dolose da parte del proprietario, che intacchino il valore dell’immobile; ingresso nell’immobile di nuovi soggetti residenti; provvedimenti giudiziari e ipotecari a carico dell’immobile concesso in garanzia; modifiche strutturali non concordate e lesive del valore di quest’ultimo. Chiaramente, il prestito sarà concesso per un importo inferiore a quello dell’immobile garantito, sia per il consueto margine a garanzia del creditore, sia anche perché bisogna tenere in considerazione che questo potrà essere riscattato dall’istituto finanziatore solo dopo un tot numero di anni, ovvero alla morte del cliente e dell’eventuale coniuge. Pertanto, applicando un fattore di sconto per un numero di anni, pari alla differenza tra la vita media stimata sulla base del sesso e della regione di residenza del proprietario finanziato e l’età di quest’ultimo, si determina quale somma massima potrà essere concessa. Poniamo che un proprietario non coniugato di un immobile dal valore commerciale di 150.000 euro abbia 68 anni e che chieda alla banca un prestito ipotecario vitalizio. Questa applicherà, ad esempio, un margine di garanzia del 20% e un fattore di sconto del 2,5%. Considerando che la vita media stimata, stando alle tabelle Istat, fosse per ipotesi di 85 anni per un soggetto maschile italiano residente nella data regione, si ottiene che la somma massima erogabile è di: (150.000 – (0,2 x 150.000) )/ (1,02517 ) = 78.864 euro, tenuto conto che la prospettiva di vita del cliente sarebbe di 17 anni.

       

Quanto valgono le case degli italiani

Chiaramente, se il proprietario-finanziato vivesse, per ipotesi, altri 25 anni, la banca incorrerebbe in una potenziale perdita, data dal fatto di avergli erogato una somma, che producendo interessi per un numero di anni superiore alle attese, potrebbe determinare un montante di valore superiore a quello dell’immobile. Viceversa, se il cliente dovesse decedere  dopo appena un anno dalla sottoscrizione del contratto, la banca potrebbe monetizzare quasi immediatamente il credito vantato, per cui l’evento sarebbe per essa positivo. Qualora questo nuovo strumento di accesso al credito avesse successo, potrebbe creare liquidità per svariati miliardi di euro in più. Stando alla Banca d’Italia, nel 2010 le abitazioni rappresentavano il 52% della ricchezza immobiliare degli italiani, stimata pari a 5,6 volte il reddito disponibile delle famiglie. Il Tesoro stimava in quell’anno il numero delle abitazioni nel nostro paese a quasi 30 milioni di unità per un controvalore complessivo di 4.800 miliardi di euro, il 300% del pil.

Con la rendita si parte da una stima minima di 3.000 miliardi

Si potrebbe effettuare un calcolo alternativo del valore degli immobili in Italia, attraverso la rendita catastale, che vale nell’insieme 36,2 miliardi di euro. A fronte di un peso di quasi il 92% del numero degli immobili a fini residenziali sul numero di immobili totale, il valore di queste si abbassa al 51,4%. In sostanza, la rendita catastale complessiva delle abitazioni sarebbe di circa 19 miliardi. Ai fini IMU, sappiamo che la base imponibile si calcola rivalutando la rendita catastale del 5% e moltiplicando il risultato per 60. Si sa anche, che tale risultato finale è mediamente più basso del valore commerciale dell’immobile del 60%. Si trova, quindi, che il valore delle abitazioni in Italia sarebbe intorno ai 3.000 miliardi di euro. Ora, se soltanto un millesimo dei proprietari di case usufruisse del prestito vitalizio ipotecario ogni anno, potrebbero monetizzarsi circa 3 miliardi di euro, lo 0,2% del pil.

Non sarebbero grossi numeri, ma l’inizio di una tendenza positiva del credito in tempi difficili, grazie a un modo diverso di concepire il rapporto con l’immobile in cui si vive.