Dai massimi del marzo scorso, il prezzo dell’oro è crollato del 15%. In settimana, scendeva a 1.740 dollari l’oncia, vale a dire ai valori minimi dal settembre dello scorso anno. Non è un buon momento per il metallo, che da quasi un mese a questa parte segnala un trend negativo. Eppure ci sarebbero gli ingredienti sufficienti per un suo rinvigorimento sui mercati internazionali. Pensate che il Treasury a 10 anni offriva un rendimento lordo del 3,48% il 14 giugno scorso, mentre da allora ha perso fino allo 0,70%.

E le borse mondiali risultano sotto pressione per via dei crescenti timori di recessione dell’economia globale.

Le cause della debolezza

Il prezzo dell’oro teoricamente dovrebbe salire tra rendimenti che calano e paure che aumentano. I bond sono un asset concorrente, per cui il loro apprezzamento recente rende il metallo un po’ più appetibile. Allo stesso tempo, la minore propensione al rischio tra gli investitori dovrebbe spronare proprio agli acquisti di lingotti.

Questa è una descrizione parziale di quanto stia accadendo sui mercati. Se è vero che i rendimenti scendono, è perché i timori per una recessione sovrastano quelli per l’inflazione. E poiché la Federal Reserve ha alzato già i tassi d’interesse a livelli ben superiori a quelli vigenti sul resto dei mercati avanzati, i flussi dei capitali si dirigono verso gli USA. Il dollaro ne risulta apprezzato, tanto da avere guadagnato mediamente il 10% quest’anno contro le altre principali valute mondiali.

Il super dollaro attutisce i rialzi del prezzo dell’oro, rendendolo più caro per gli investitori non americani. Un esempio? In euro, le quotazioni sono salite quest’anno del 6%. Il cambio euro-dollaro, infatti, si è indebolito nel frattempo da 1,1350 a meno di 1,02. Peraltro, le previsioni fosche sulle principali economie mondiali spingono il mercato a credere che le banche centrali non avranno bisogno di alzare i tassi d’interesse così drasticamente come finora stimato.

Prezzo dell’oro tra rischio recessione e spread

La recessione farebbe rientrare almeno in parte l’inflazione dai livelli esorbitanti a cui è schizzata in Nord America ed Europa. E il “raffreddamento” delle aspettative d’inflazione stimola minori acquisti di oro. A tale riguardo, il mercato stimava a metà settimana una crescita media annua dei prezzi al consumo negli USA del 2,50% contro il 3,59% di fine marzo.

E per il prossimo futuro? Le prospettive per il prezzo dell’oro restano favorevoli. E’ vero che le materie prime potranno ripiegare dai massimi di questi mesi – lo stanno già facendo – e che l’inflazione dovrebbe rallentare la corsa dopo essere culminata verosimilmente negli ultimi mesi di quest’anno. Tuttavia, la divergenza monetaria tra FED e banche centrali come la BCE si ridurrebbe anch’essa, indebolendo il dollaro. Tale scenario deporrebbe a favore del metallo, così come l’eventuale instabilità finanziaria che si abbatterebbe sull’Eurozona nel caso di recessione e crisi degli spread in paesi come l’Italia, per non parlare delle possibili tensioni politiche.

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