La prima legislazione contro i monopoli risale al 1890 e venne approvata dal Congresso americano, nota ancora oggi come “Sherman Act”. In Italia, dove la presenza dello stato in economia e, in particolare, nell’attività produttiva è stata storicamente più forte, dobbiamo arrivare fino al 1990, prima di avere le prime tracce di leggi anti-trust. La lotta contro i cartelli degli oligopoli e i tentativi di monopolizzazione del mercato è considerata propria delle economie liberali. Non tutti, però, ne hanno ben chiare le motivazioni.
L’impostazione liberale
Uno dei principi basilari di un’economia di libero mercato consiste nel fatto che lo stato debba fungere da arbitro nella contesa tra gli interessi diversi in gioco, non dovrebbe, quindi, schierarsi in favore dell’una o dell’altra parte. Un governo sinceramente liberale non penserebbe nemmeno di legiferare in favore dell’offerta contro la domanda, ad esempio, restringendo l’accesso al mercato da parte delle imprese, né lo farebbe in favore dei consumatori contro gli offerenti. Dunque, se questo è vero, in nome di cosa avviene la lotta contro i monopoli? Non si tratterebbe di una contraddizione rispetto ai principi enunciati? Così sembrerebbe, se avvenisse sulla base della risposta comune, ma le cose stanno diversamente. Il motivo per cui i governi lottano contro i tentativi di monopolizzazione del mercato sta nel fatto che quando l’offerta di un bene o l’erogazione di un servizio è concentrata interamente nelle mani di un’unica impresa, si ha una dissipazione di benessere sociale.
La teoria del surplus dei consumatori e delle imprese
Quest’ultimo è noto in economia come la somma tra surplus dei consumatori e quello delle imprese.
La perdita di benessere in monopolio
Ora, cosa succede in un regime di monopolio del mercato di un bene o servizio? Che il prezzo di equilibrio sarà più alto di quello vigente altrimenti in perfetta concorrenza, mentre la quantità prodotta sarà più bassa. In sostanza, quando un bene viene prodotto o un servizio viene erogato da un’unica impresa, dobbiamo pagarlo a un prezzo più alto per ottenerlo, dovendoci anche accontentare di un’offerta minore. Da un punto di vista generale, quindi, si ha che il monopolista otterrà un extra-profitto, dato dalla differenza tra quanto ha guadagnato dalla vendita e quanto avrebbe guadagnato in condizioni di concorrenza perfetta. Allo stesso tempo, il consumatore subisce una perdita, data dal prezzo più alto pagato in monopolio e quello che avrebbe pagato in un mercato perfettamente concorrenziale.
Le liberalizzazioni servono per crescere
Detto così, sembrerebbe che vi sia stata una semplice e accettabile (secondo l’impostazione liberale) redistribuzione della ricchezza a favore del monopolista e ai danni dei consumatori.