La seduta di lunedì è passata alla storia per la lira turca per essere stata quella con la maggiore volatilità di sempre. Il tasso di cambio contro il dollaro era passato da 16,41 a 18,36, indebolendosi di oltre il 10%. Nel pomeriggio, contrordine: crollo a 13,50, pari a un guadagno del 26,5%. Numeri assurdi, che non fanno che confermare lo stato di grave crisi della valuta emergente. A fine giornata, tuttavia, le perdite da inizio anno si attestavano pur sempre al 45%.

Il dietrofront della lira turca si spiega con le “misure straordinarie” annunciate dal presidente Erdogan a sostegno dei risparmiatori domestici, subito dopo il consiglio dei ministri.

Egli ha rassicurato che le famiglie non avranno più la necessità di acquistare dollari per mettersi al sicuro dall’indebolimento del cambio. Lo stato rimborserà ai risparmiatori la differenza tra i tassi d’interesse promessi dalle banche e l’eventuale maggiore crollo della lira turca.

Lira turca, la misura shock di Erdogan sui risparmi

Non sono stati forniti dettagli sulla misura, ma di per sé l’annuncio ha avuto l’effetto di sostenere le vendite di valute straniere per 1 miliardo di dollari nel giro di qualche ora. Ed ecco spiegato il boom tardo-pomeridiano. Dunque, Erdogan promette che nessun risparmiatore debba temere di rimetterci detenendo depositi denominati nella lira turca anziché in dollari o altre valute straniere. Agli inizi di dicembre, i depositi in altre valute ammontavano a 226 miliardi di dollari, circa il 60% del totale.

In sostanza, lo stato coprirebbe l’eventuale minore tasso d’interesse rispetto all’indebolimento del cambio. In primis, con quali soldi? Una siffatta misura richiederebbe esborsi potenzialmente elevati, con relativo impatto sui conti pubblici. Finanziata in deficit, finirebbe per accrescere la liquidità in circolazione, cioè a potenziare le cause stesse all’origine della crisi: l’alta inflazione. Secondariamente, i soli tassi d’interesse poco spiegano sulla capacità dei risparmiatori turchi di proteggere il loro potere d’acquisto.

Erdogan li pretende i più bassi possibili, di fatto sotto l’inflazione. Questo significa che, anche quando la misura fosse attuata, non garantirebbe di per sé il mantenimento del potere d’acquisto. Ergo, i risparmiatori turchi continueranno a convertire i loro soldi in dollari per paura che in futuro varranno poco.

Già nel corso della seduta di ieri, abbiamo assistito a tratti a un nuovo cospicuo indebolimento della lira turca. Ed era normale che fosse così. Scontato l’annuncio, la realtà rimane la stessa. Erdogan sta stravolgendo le regole dell’economia e pretende che il mercato abbocchi. Promette di portare l’inflazione al 4%, ma tra tassi bassi e cambio KO è molto più facile che arrivi al 40%. Il sollievo record di lunedì è stato un palliativo momentaneo, perché ogni fuga dalla realtà può durare poco. Il presidente ha smentito che la Turchia imporrà restrizioni ai movimenti dei capitali, volendosi attenere alle regole del mercato. Invece, da qui a breve sul suo tavolo il dossier sarà in discussione. Di crollo in crollo, o sterza sulla politica monetaria – ma ha ribadito che non lo farà mai – o trova il modo di frenare le vendite della lira turca, sostanzialmente vietandole.

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