Meno del 5% del debito pubblico italiano è posseduto dalle famiglie residenti, una percentuale tre volte più bassa rispetto alla scorsa crisi dello spread, quella esplosa nel 2011 e che per la prima volta ci ha fatto temere lo scivolamento verso il default. Questo dato spiegherebbe la forte discrepanza tra quanto accaduto all’ultima asta del BTp Italia la settimana scorsa e i sondaggi politici. Il bond retail non ha riscosso nemmeno lontanamente il successo minimo ambito dal Tesoro, raccogliendo tra gli investitori individuali appena 863 milioni di euro in tre giornate, tra il 10% e il 20% della cifra pronosticata.

Dunque, gli italiani hanno lanciato un segnale di sfiducia assai grave al governo Conte, allarmati dall’impennata dei rendimenti sovrani e dalle elevate perdite (virtuali) accusate negli ultimi sei mesi sul mercato, a causa del crollo dei prezzi, anche del comparto azionario. Si direbbe che la maggioranza giallo-verde dovrebbe aver perso consenso per strada, mentre risulta il contrario. Stando all’ultima rilevazione di Nando Pagnoncelli, pubblicata sabato mattina dal Corriere della Sera, la Lega avrebbe ormai oltre il 36% e il Movimento 5 Stelle sarebbe sceso a meno del 28%. Nel totale, farebbe più del 63% per i due partiti al governo. Altro che crisi! Sembra che gli italiani votino in maniera difforme, a seconda che usino la matita alle urne o il portafogli.

In verità, il fatto che poco debito sia ormai posseduto dalle famiglie spiegherebbe la divergenza tra consensi e sfiducia sui mercati. Oltre tutto, trattasi di BTp in mano a una ristretta cerchia di famiglie sul totale e nemmeno territorialmente diffusi in misura omogenea. Gli italiani posseggono una ricchezza finanziaria netta di quasi 4.300 miliardi di euro, stando ai dati di fine 2016. Trattasi di qualcosa come quasi la metà dell’intera ricchezza, ma con una forte differenza tra nord e sud. La ricchezza pro-capite nel centro-nord si attesta a 195.000 euro, di cui il 45% di natura finanziaria, ossia circa 3.500 miliardi di euro risultano investiti in obbligazioni, azioni, oppure parcheggiati in banca in conti correnti, deposito o semplicemente posseduti come denaro contante.

Patrimoniale del 20% sulla ricchezza degli italiani?

Al sud, si trovano risultati assai più magri: appena 800 miliardi di ricchezza finanziaria netta su un totale di poco più di 2.000 miliardi, meno del 40%. Rielaborando i dati dell’Abi, Il Sole 24 Ore ha stilato una classifica sui depositi bancari pro-capite provincia per provincia, confrontando le cifre di quest’anno con quelle del 2008, trovando che mediamente un italiano deterrebbe in banca 21.461 euro, il 103% in più rispetto a 10 anni fa. Una corsa allo sportello, non per ritirare il proprio denaro, bensì per portarvelo. Come mai? Probabile che le famiglie si tengano liquide per approfittare nei prossimi anni dell’acquisto di un immobile a prezzi convenienti, data la crisi in atto nel settore da oltre un decennio. Un ruolo lo hanno giocato anche gli sconquassi finanziari seguiti al 2008, spread alle stelle incluso, che avrebbero dissuaso molte famiglie dal puntare sui mercati. Si consideri che le sole obbligazioni bancarie emesse in Italia si sono dimezzate, registrando un crollo di 300 miliardi di euro.

Lo spread lo paga il nord

Tornando ai depositi, tutte le province, con la sola eccezione di Isernia, a registrare numeri superiori alla media nazionale sono del nord, mentre tutte le province al di sotto della media stanno al sud, con qualche spruzzata di Toscana. Milano guida la classifica con 57.800 euro, mentre Crotone la chiude con appena 9.577 euro. Per quanto appaiano quasi naturali, essendo il nord più ricco del sud, questi dati non lo sarebbero affatto. Dai residenti sopra il Po ci aspetteremmo un atteggiamento più dinamico, maggiormente propenso al rischio, mentre pare che da Bolzano a Pantelleria si abbia la tendenza a parcheggiare in banca una percentuale di ricchezza stabile rispetto a quella finanziaria complessiva e che potremmo stimare nell’ordine di oltre un quarto.

Resta il fatto che gli abitanti del centro-nord siano più esposti dei meridionali alle fluttuazioni dei prezzi degli assets finanziari, visto che, al netto dei depositi bancari e del contante, ne possederebbero per circa 2.500 miliardi di euro contro i 400 del Meridione. In altre parole, l’aumento dei rendimenti obbligazionari equivale a una perdita potenziale di almeno sei volte maggiore per gli abitanti del nord. Strano a dirsi, il boom dello spread e il crollo di Piazza Affari da maggio ad oggi avrebbero dovuto indispettire perlopiù i cittadini settentrionali, a tutto svantaggio della Lega di Matteo Salvini. Sta accadendo l’esatto contrario, ossia che a pagare pegno per le tensioni finanziarie sembra essere da qualche mese il Movimento 5 Stelle, il cui elettorato è essenzialmente meridionale. Tuttavia, poiché non bisogna mai sfidare la buona sorte, Salvini ha iniziato già da settimane a prendere le distanze dagli alleati di governi sui temi dell’economia, mostrandosi più prudente sul deficit, consapevole che la partita contro Bruxelles non possa giocarsi sulla pelle dei risparmiatori. Per quanto detto, i maggiori dolori rischiano di avvertirsi al nord del Po e questo il Carroccio non può permetterselo, nonostante abbia ormai attraversato il Rubicone, espandendosi anche nel sud.

Manovra da riscrivere, Salvini già col pennarello in mano per cancellare gli errori dei 5 Stelle

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