Le pensioni anticipate saranno presto un lontano ricordo die lavoratori. Il governo Draghi e Meloni hanno già messo la parola fine su quanto combinato dal governo Conte I con Quota 100 che ha notevolmente abbassato la media dei pensionamenti in Italia portandola a 61, 8 anni. Quota 102 e Quota 103,a rrivate dopo, rappresentano solo due scalini per evitare il ritorno secco delle regole Fornero.

Regole che erano state introdotte nel 2012 dall’allora governo Monti e che sono state scavalcate di volta in volta con deroghe diverse dai governi successivi.

Deroghe che, come si sa, hanno aggravato lo stato di salute dell’Inps e delle finanze pubbliche. Nel 2022 la spesa per le pensioni è infatti salita a 231 miliardi di euro, il 12% del Pil, un record europeo. E la tendenza non è certo al ribasso.

La riforma pensioni senza figli

Si discute continuamente di come fare la riforma pensioni e a quale età bisognerebbe smettere di lavorare. Ma l’Italia ha un grosso problema (oltre a quello del debito pubblico) che non può essere ignorato: quello demografico. Oggi c’è una nascita ogni due decessi. Di questo passo a fine secolo la popolazione italiana sarà più che dimezzata.

In questo contesto, secondo gli esperti, nemmeno le regole Fornero saranno in grado di mantenere in equilibrio la spesa per le pensioni. Altro che uscita a 63 anni o con Quota 41. Il sistema per continuare a stare in piedi dovrebbe mandare tutti in pensione oltre i 70 anni. Da subito.

Il Ministero delle Finanze, nel suo rapporto denominato “Le tendenze di medio-lungo periodo del sistema pensionistico e socio-sanitario”, aggiornato a novembre 2022, analizza le prospettive future sulla spesa pensionistica.

Nel 2022, il rapporto tra spesa pensionistica complessiva (comprensiva sia del settore privato che di quello pubblico) e Pil si è attestato su un livello pari al 15,6%, quasi mezzo punto percentuale di Pil al di sopra del dato del 2018.

Nel biennio 2023-2024 si prevede un aumento significativo della spesa in rapporto al Pil, che dovrebbe raggiungere il 16,6%, livello che verrebbe sostanzialmente mantenuto fino al 2030.

L’allarme demografico dell’Istat

E così, il crollo delle nascite nel nostro Paese, non solo rappresenta un problema demografico e di conservazione delle popolazione, ma anche di tenuta del sistema economico. L’incremento della denatalità in Italia, infatti, rende il sistema sociale debole e instabile alla base. Tutti i Paesi europei sono di fatto in crisi, ma per l’Italia il problema è più accentuato. Come ha dichiarato pubblicamente Gian Carlo Blangiardo, presidente dell’Istat:

“a tassi di natalità che vanno poco oltre il 5 per mille si contrappongono tassi di mortalità ben al di sopra del 10 per mille”.

In questo contesto negativo che dura ormai da anni, inutile farsi illusioni: la spesa per le pensioni non può reggere. Soprattutto in un Paese che spende tantissimo per la previdenza e che manda di fatto i lavoratori in pensione prima rispetto al resto d’Europa.

Inevitabile il taglio alle pensioni

Il problema è che oggi si spende ancora troppo e si incassa poco perché ci sono pochi lavoratori. Lo dice anche il presidente dell’Inps Pasquale Tridico“impossibile mantenere gli attuali livelli di spesa con 23 milioni di lavoratori”.

Inutile, quindi, farsi illusioni sulla possibile riforma pensioni. Non ci sarà alcuna riforma e l’età pensionabile è destinata ad allungarsi, a meno che si taglino gli assegni e quindi si riconoscano rendite più basse di quelle previste dal sistema retributivo. Così per mantenere in equilibrio la spesa, per ora sotto controllo – come osserva Alberto Brambilla, presidente di Itinerari Previdenziali – è necessario alzare l’età di uscita delle pensioni anticipate. O eliminarle del tutto.

Riassumendo…

  • La spesa per le pensioni è destinata a crescere negli anni
  • La Fornero è di fatto già tornata
  • L’aumento della denatalità mette a rischio la tenuta del sistema pensionistico
  • Le pensioni anticipate vanno eliminate