Vincenzo De Luca è uscito trionfante dalle elezioni regionali di settembre. Ha ottenuto il secondo mandato a furor di popolo, votato dai due terzi dei campani. Non avrebbe immaginato che sarebbe stato protagonista delle cronache quotidiane subito dopo per l’emergenza Covid che sta attanagliando la Campania. Nei primi 7 giorni di ottobre, ci sono stati 2.564 contagi, prima regione italiana. Confrontando il dato con quello di 10 giorni prima, si ottiene un R0 di 1,6, cioè la pandemia starebbe diffondendosi a ritmi preoccupanti.

E se nelle altre grandi regioni come Lazio, Lombardia ed Emilia-Romagna si effettuano numerosi tamponi, tanto da risultare testato tra 12 e 15 residenti su 100, in Campania il dato scende a 7.

Questo significa che il boom dei contagi sarebbe solo la punta dell’iceberg. In effetti, rispetto ai tamponi effettuati negli ultimi giorni si oltrepassa ormai il 10% di risultati positivi. A fine settembre, il rapporto era ancora inferiore al 5%.

I ricoveri di malati con sintomi lievi sono saliti di 106 unità in ottobre a 520 fino alla giornata di ieri. In terapia intensiva si hanno 52 ricoverati (+13), a fronte di 92 posti letto disponibili in totale. Questi numeri si prestano a una doppia interpretazione: da un lato, l’emergenza vera e propria della sanità campana sarebbe lontana, dall’altro l’evoluzione appare preoccupante. Lo dimostra il fatto che l’Unità di Crisi per il Coronavirus ha annunciato l’altro ieri la creazione di altri 1.000 posti letto nella regione entro 48 ore, cioè oggi. Di questi, 600 per la degenza, 200 per la terapia intensiva e altri 200 per la sub-terapia intensiva.

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Reazione e rischi per De Luca

Il governatore ha già imposto nuove restrizioni per limitare gli assembramenti alle feste private e nei luoghi pubblici, tra l’altro limitando gli orari di apertura dei locali, nonché prevedendo l’obbligo di indossare la mascherina all’aperto.

Vuole sfuggire a tutti i costi al karma. Già, perché De Luca si è distinto, specie in campagna elettorale, per dichiarazioni a dir poco irrispettose nei confronti di regioni come Lombardia, colpite drammaticamente dalla crisi sanitaria in primavera. Una delle espressioni più infelici è stata la seguente: “Milano non si ferma, Bergamo non si ferma. Alla fine si sono fermati a contare i morti”. Peraltro, la polemica allora fu diretta a due sindaci del suo stesso PD, rispettivamente Beppe Sala e Giorgio Gori.

Ma la Campania rischia di trasformarsi in una nuova Lombardia senza essere la Lombardia. Il sistema sanitario campano non è minimamente comparabile con quello lombardo. Lo testimoniano i numeri dei malati campani che ogni anno decidono di farsi curare in altre regioni: oltre 55.000, record italiano. E la Lombardia è la meta preferita, con oltre 100 mila arrivi da tutto lo Stivale. Il modello De Luca semplicemente non esiste, così come non sono esistiti demeriti specifici gravi di questa o quella regione nell’affrontare la pandemia. Probabile che anche la grande prova di contrasto alla diffusione che ha saputo dare il Veneto nei mesi scorsi non sia stata nemmeno riconducibile alla pur indubbia capacità amministrativa di Luca Zaia, bensì che sia stata perlopiù frutto del fato. De Luca ha speculato abbondantemente sul Covid, tra l’altro invocando la chiusura delle regioni per evitare arrivi in Campania dalle aree a rischio. Tutti comportamenti potenzialmente boomerang, perché di questo passo potrebbe scattare l’allarme rosso ai danni proprio della regione da lui governata.

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