Non è una fase positiva per l’olio di palma sui mercati, i cui prezzi sono arretrati del 15% in dollari quest’anno, scendendo nei giorni scorsi alla Borsa della Malaysia ai livelli più bassi degli ultimi sei mesi, ovvero a 2.638 ringgit, risalendo ad oggi di poco. La crisi delle quotazioni ha a che vedere con l’abbondante offerta della materia prima e alla riduzione dei prezzi di sostituti, come l’olio di soia.

La Malaysia è il secondo produttore di olio di palma al mondo con 17,3 milioni di tonnellate nel 2016, dietro alle 31,8 milioni dell’Indonesia.

E proprio Kuala Lumpur potrebbe essere la più colpita nei prossimi mesi, se si avvereranno i timori del comparto. (Leggi anche: Olio di palma in crisi? Eppure il mercato è in gran salute)

Pochi immigrati un rischio per la raccolta

Il primo problema riguarda la carenza di lavoratori per la raccolta. Buona parte della forza lavoro arriva dall’Indonesia, attratta dalla possibilità di guadagni migliori che in patria. Tuttavia, negli ultimi due anni, il ringgit malesiano ha perso il 15% contro la rupia indonesiana, rendendo i salari in Malaysia molto meno allettanti per gli immigrati in arrivo da Giacarta.

A ciò si aggiungono le regole più restrittive in materia di immigrazione, tanto che il ceo di Felda Global Ventures Berhad, Zakaria Arshad, uno delle società più grandi attive nelle piantagioni di olio di palma, ha lanciato l’allarme: “quest’anno l’offerta potrebbe risentirne”. Il manager ritiene che potrebbe rendersi necessario l’arrivo di manodopera dal Bangladesh, ma date le distanze servirebbero mesi per organizzare tale ripiegamento e nel frattempo la stagione della raccolta sarebbe passata. (Leggi anche: Nutella senza olio di palma? Ecco il costo per barattolo)

La UE stringe le maglie contro l’olio di palma

A destare preoccupazioni ci pensa anche l’Europarlamento, che ha approvato una mozione non vincolante, con la quale si chiede alla vigilanza di Bruxelles di introdurre regole più restrittive per le importazioni di materie prime, la cui coltivazione e produzione, come l’olio di palma, comportano un rischio di deforestazione.

Il ministro delle Piantagioni e Commodities malesiano, Mah Siew Keong, non ci sta e ha scritto alle istituzioni comunitarie, chiedendo di essere ascoltato per spiegare le ragioni del dissenso rispetto alla mozione, votata quasi all’unanimità.

La UE rappresenta il secondo mercato di sbocco per l’olio di palma malesiano, con importazioni nel 2016 per 2,059 milioni di tonnellate, pari al 12% della produzione complessiva, dietro solamente alle 2,825 milioni di tonnellate dalla Cina e davanti alle 1,882 milioni di tonnellate dell’India. (Leggi anche: Olio di palma bandito dal biodiesel)

Tra cambio e quotazioni, periodo grigio per produttori malesi

E si starebbero facendo sentire ancora gli effetti del passaggio di El Nino in Asia nel 2016, se è vero che la produzione a marzo in Malaysia è cresciuta del 10,4% su base mensile a 1,39 milioni di tonnellate, ma sotto la media quinquennale del +15%. In crescita del 7% anche le esportazioni a 1,18 milioni.

Resta il fatto che il calo dei prezzi in valuta locale si accompagna all’indebolimento del cambio (-11,7% in un anno contro il dollaro), che in teoria dovrebbe spronare proprio le quotazioni della materia prima. Il paese asiatico è un produttore di gas, il cui tracollo dei prezzi nell’ultimo triennio ha contribuito in materia determinante a colpire il ringgit. (Leggi anche: Olio di palma indispensabile per Nutella, prezzi sotto $700/t)