Inizia una settimana delicata per i mercati finanziari, dato che giovedì 8 settembre vi sarà il sesto board dell’anno della BCE. L’appuntamento cade in un momento assai sensibile per famiglie, imprese e investitori. L’inflazione nell’Eurozona è salita ancora ad agosto al 9,1%. La crisi energetica è così grave da rendere probabile il razionamento dei consumi di gas e luce nei prossimi mesi. La recessione bussa alla porta e parte dei governatori e dei consiglieri esecutivi preme per alzare i tassi BCE più dello 0,50% atteso dal mercato.

La stretta monetaria è stata avviata da poche settimane con un primo rialzo dei tassi dello 0,50%. E’ stato sufficiente per porre fine alla lunga era dei tassi negativi. Adesso, parte del board reclama un +0,75%. Sarebbe necessario per non perdere ulteriormente il passo con la Federal Reserve, che questo mese alzerà a sua volta il costo del denaro di un altro 0,75% al 3,25%.

Ma il compito per Christine Lagarde sarà ben più arduo di quello che attende il suo collega americano Jerome Powell. La frammentazione monetaria nell’Eurozona non le consente di propendere a cuor leggero per alcuna soluzione. Un rialzo dei tassi BCE percepito come doloroso per gli stati indebitati manderebbe in fumo i titoli di stato di Italia e Spagna, in particolare. D’altra parte, lasciare che l’inflazione galoppi senza essere adeguatamente contrastata finirebbe per far perdere credibilità all’istituto e impatterebbe ugualmente in negativo sull’economia nell’area attraverso la “gelata” dei consumi.

Rialzo tassi BCE non basta

A luglio, la BCE varò il TPI, lo scudo anti-spread per dissuadere i mercati dallo scommettere contro i bond italiani, in particolare. Grosso modo, ha funzionato per il semplice fatto che Francoforte stia comprando BTp e vendendo Bund nell’ambito dei reinvestimenti effettuati con il “quantitative easing”. Ma quanto durerà un simile sostegno? Malgrado i grossi volumi compravenduti, lo spread BTp-Bund rimane altissimo, in area 230 punti base.

E questo, con tassi BCE attesi ancora relativamente bassi anche nel medio termine. Immaginate cosa accadrebbe se al board di giovedì emergesse la volontà di varare una stretta più dura.

Tra l’altro, si inizia a vociferare che proprio i reinvestimenti con il QE saranno cessati per ridurre la liquidità in circolazione e cercare così di frenare più convintamente l’inflazione. Sarebbe una mossa obbligata, se non fosse che, in assenza di un vero scudo anti-spread, finirebbe per fare esplodere i rendimenti nel Sud Europa e per porre fine, obtorto collo, alla stretta monetaria stessa. Rivedetevi il film del 2011 a tale riguardo.

La riunione si terrà con un occhio al cambio euro-dollaro, pur senza dichiararlo ufficialmente. Tassi BCE attesi troppo più bassi dei tassi FED indeboliscono la moneta unica contro il biglietto verde. Già quest’anno essa perde il 12,5% e ciò amplifica l’inflazione, in quanto aumenta il costo dei beni importati. Anche per questo sarà molto probabilmente annunciato un ritocco dei tassi d’interesse dello 0,75%. Affinché risulti credibile, però, Lagarde dovrà garantire ai mercati di tirare dritto anche con una recessione economica. E non sembra che sia nelle condizioni di farlo, anche perché non esiste alcuna struttura fiscale unitaria nell’Eurozona capace di frenare la caduta del PIL come negli USA.

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