Domani è il gran giorno per la BCE. Per la prima volta dal 2011, il board sarà chiamato a prospettare in termini espliciti un imminente rialzo dei tassi d’interesse. Quasi certamente, avverrà a luglio, dopo poche settimane dalla cessazione degli acquisti netti di asset con il “quantitative easing”. Christine Lagarde dovrà riuscire nel miracolo di segnalare al mercato l’arrivo finalmente della stretta monetaria per placare l’alta inflazione e al contempo di tenere a bada lo spread. Le tensioni sui mercati sono elevate, se è vero che i rendimenti italiani a 10 anni risultino ormai superiori a quelli tedeschi di oltre 200 punti base o 2%.

Contro lo spread il piano BCE

Più si avvicina l’appuntamento con la stretta monetaria e più gli investitori scontano criticità a carico del debito pubblico italiano, secondo più alto nell’Eurozona in rapporto al PIL dopo la Grecia. Per mesi la BCE ha calciato il barattolo sul rialzo dei tassi nella vana speranza che le cose si sarebbero messe a posto da sole. La pia illusione s’è infranta contro il muro dell’inflazione, ai massimi da decenni in tutte le economie dell’area. Tuttavia, restano le preoccupazioni per l’impatto che avranno sullo spread condizioni monetarie più rigide.

Questa settimana, Bloomberg ha riportato la notizia per la quale alcuni membri del board BCE sarebbero in pressing su Lagarde per ottenere parole formali e chiare sul famoso piano anti-spread di cui si discute sottovoce ormai da almeno un anno. Le “colombe” reclamano una contropartita: placet al rialzo dei tassi, in cambio di un impegno ufficiale di Francoforte a contenere gli spread. I “falchi” starebbero cercando di annacquare il più possibile tale richiesta, ma non chiudono pregiudizialmente e, in un certo senso, appaiono rassegnati alla necessità di un simile atto.

La conferenza stampa di Lagarde sarà essenziale più che mai.

Se il comunicato della BCE non dovesse contenere alcun riferimento sul varo di un piano di sostegno ai bond in eventuale affanno sui mercati, dovrà essere il governatore a farsene carico a parole. L’ex numero uno del Fondo Monetario Internazionale e già ministro delle Finanze francese non brilla per chiarezza comunicativa. Il pasticcio più grande fu commesso il 12 marzo 2020, quando dichiarò che non fosse compito della BCE restringere gli spread. Quelle parole, formalmente veritiere, provocarono il più grande crollo delle borse europee nella storia. Piazza Affari chiuse a -17%. La donna corresse il tiro qualche ora più tardi e visibilmente scossa dagli sconquassi creati dalle sue dichiarazioni.

Test per Christine Lagarde

Domani, sarà il test più importante per Lagarde: dovrà dimostrare che intende combattere l’inflazione senza se e senza ma e che non accetterà alcuna frammentazione monetaria nell’Eurozona che minacci la capacità di trasmissione della politica monetaria. Un esercizio obiettivamente complicato, trattandosi di una banca centrale che stampa moneta e fissa i tassi per 19 stati differenti. Lo è ancora di più nel caso di un governatore senza spiccate conoscenze economiche e che sullo spread, volendo essere onesti, è chiamata a dire l’esatto contrario di due anni fa. Comunque sia, la sua reputazione non ne uscirà di certo immacolata.

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