Caccia alle entrate alla vigilia della presentazione della manovra di bilancio per il 2020 da parte del governo “giallorosso”. E nel mirino vi sarebbero anche le vincite degli italiani al gioco. Ad oggi, vengono tassati al 12% gli importi superiori ai 500 euro, ma dall’anno prossimo l’aliquota salirebbe al 23%, anche se finora non si sa ancora a partire da quale importo. Tra le varie indiscrezioni, l’ipotesi di stangare al 23% solo le grandi vincite sopra i 100 milioni di euro. Tuttavia, il maggiore gettito fiscale verrebbe garantito dalla tassazione al 12% delle “micro-vincite”, quelle fino a 500 euro.

E le vincite al Lotto, ad oggi sottoposte all’aliquota più favorevole dell’8%, sarebbero armonizzate anch’esse al 12%.

Potrebbe sembrare cosa da nulla, ma i numeri in ballo sono davvero enormi. Ogni anno, in Italia spendiamo in scommesse 100 miliardi di euro, qualcosa come 5 punti e mezzo di pil. Tuttavia, solamente 20 miliardi sono gli esborsi effettivi, in quanto per 80 miliardi trattasi di rigiocate, come avviene quando si compra un Gratta & Vinci da 5 euro e la vincita s’incassa con l’acquisto di un secondo biglietto. Qual è il punto? Se anche queste micro-vincite venissero tassate, il fortunato giocatore incasserebbe 4,40 euro netti, per cui dovrebbe aggiungere altri 60 centesimi per comprare il nuovo biglietto. Quanti lo faranno? Da scontare un probabile crollo delle rigiocate, dalle quali lo stato incassa il 16% in più.

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Il gettito per lo stato salirà?

Quanto alle grandi vincite, come quella di Lodi di poco tempo fa e pari a 209 milioni di euro, la stangata sarebbe evidente, comportando quasi il raddoppio dell’aliquota. Nel caso suddetto, anziché incassare 184 milioni, il fortunato vincitore si porterebbe a casa “solo” 161 milioni, 23 in meno. Resterebbe super ricco, ma il punto è che questa misura, ove trovasse attuazione, sarebbe una norma manifesto, tesa semplicemente a lisciare il pelo a quella parte dell’opinione pubblica che invoca la tassazione anche dell’aria per un malinteso senso di equità sociale.

Infatti, le grandi vincite sono rarissime e alimentano un gettito irrilevante per lo stato, se il limite individuato per l’aggravio fiscale fosse di 100 milioni.

E allora, perché mai stangare pochissimi fortunati, quando il maggiore incasso inciderebbe sulle casse dello stato per meno di un decimillesimo rispetto al totale della spesa pubblica? E perché stangare anche le micro-vincite, che offrono all’italiano semplicemente la soddisfazione di portare a casa una somma appena sufficiente a trascorrere una giornata in allegria? Davvero lo stato ritiene di essere in diritto di sottrarre al singolo individuo parte di qualsivoglia entrata, pure quella fortuita e sporadica? E sarebbe il secondo aumento in due anni per il comparto. Fino alla fine di settembre del 2017, la tassa sulle vincite sopra i 500 euro era del 6%, Lotto compreso. Da allora, raddoppio per tutte le vincite, tranne che per il Lotto, passato all’8%. La caccia al fortunato sembra non avere fine.

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