E’ passata in secondo piano, rispetto alla notizia principale del potenziamento del “quantitative easing”, una delle principali misure annunciate dal governatore della BCE, Mario Draghi, il giovedì scorso e che potrebbe avere effetti sull’economia maggiori delle altre. Parliamo delle nuove aste Tltro (“Targeted long term refinancing operations”), quelle con le quali, a partire dal prossimo mese di giugno e attraverso 4 appuntamenti, l’istituto erogherà ulteriore liquidità alle banche nell’Eurozona, finalizzata al sostegno dei prestiti alle imprese. Fin qui, nulla di realmente nuovo.

Ma le nuove aste Tltro sono state congegnate, in modo da spingere il più possibile le banche ad aumentare i prestiti, considerati dal governatore ancora “troppo bassi”, per quanto abbiano smesso di diminuire. Ad oggi, queste aste, che si tengono con cadenza trimestrale sin dal settembre del 2014, prevedono che gli istituti possano richiedere alla BCE liquidità fino al 7% del valore di alcuni impieghi iscritti nei loro bilanci, una percentuale elevata sin dal prossimo giugno al 30% e con riferimento al volume degli impieghi come da bilancio al 31 gennaio 2016. Di questi, non fanno parte i mutui, al fine di non alimentare una pericolosa bolla immobiliare.

I criteri delle nuove aste Tltro

Le aste erogheranno liquidità fino a 4 anni, da rimborsare a partire dal secondo anno, nel caso di mancata crescita degli impieghi, con rate trimestrali. Il tasso a cui sarà prestata è pari a quello “benchmark” della BCE, appena azzerato. Ma esso possa essere ridotto fino a un minimo del -0,40%, pari a quello applicato ai depositi overnight delle banche. Come funziona in concreto? Le banche sono tenute ad aumentare gli impieghi di almeno il 2,5% all’anno verso le imprese. Se lo faranno per una percentuale pari o superiore a questa, il tasso applicato ai finanziamenti ricevuti scende al -0,4%, mentre se lo faranno per una frazione di tale percentuale, il tasso sarà abbassato in proporzione.

Esempio: se una banca aumenta i prestiti alle imprese dell’1,25%, ossia della metà della soglia-obiettivo, i finanziamenti ricevuti dalla BCE allo scopo dovranno essere rimborsati al tasso del -0,2%, anch’esso pari alla metà del minimo applicato.      

Banche italiane, l’impatto sui loro bilanci

Prometeia ha fatto subito qualche calcolo, trovando che le banche italiane potrebbero richiedere complessivamente fino a 317 miliardi di euro alla BCE, considerando lo stock dei finanziamenti ad oggi erogati alle imprese e valutati come “eligibili” da Francoforte. Ciò significa, che potenzialmente potrebbero “ricevere” dall’istituto fino a 1,27 miliardi di euro, nel caso in cui aumentassero il volume degli impieghi del 2,5% indicato. I tassi negativi, infatti, non sarebbero altro che un’inversione dei ruoli tra chi presta e chi prende a prestito il denaro: il primo paga il secondo, affinché riceva la sua liquidità. E’ un mondo all’incontrario, sintomo dello stato di emergenza economica, in cui la BCE ritiene che l’Eurozona versi.

Dalle prime aste Ltro

Per capire come si sia arrivati a questo punto, bisogna andare indietro nel tempo a oltre 4 anni fa. Era il dicembre del 2011 e la BCE teneva a battesimo la sua prima asta Ltro, seguita da una seconda e ultima 2 mesi dopo, erogando complessivamente alle banche dell’Eurozona oltre mille miliardi, di cui 255 a quelle italiane. Lo scopo era anche allora di sostenere la liquidità degli istituti, attraversati dalla crisi dei debiti sovrani e dal rischio percepito sui mercati di una scomparsa imminente dell’euro. Ma quell’immenso flusso di denaro, prestato a 3 anni e al tasso dell’1% annuo, non si tradusse in un aumento degli impieghi, bensì in un puro abbellimento dei bilanci e nell’acquisto massiccio di titoli di stato, grazie ai quali si tamponò la crisi dello spread e si registrarono anche laute plusvalenze da parte degli istituti.

     

Economia reale, i potenziali benefici

Per questo, un anno e mezzo fa venne varata la prima asta Tltro, che rispetto alle precedenti legava l’erogazione della liquidità all’aumento dei prestiti alle imprese. Lo scopo dichiarato era di sostenere il credito, vero punto debole dell’incipiente ripresa nell’area. Il tasso a cui la liquidità veniva prestata fu per la prima asta di settembre del 2014 dello 0,15%, ma successivamente fu abbassato a quello di riferimento, ovvero allo 0,05%. Con le misure della scorsa settimana, si è arrivati a un azzeramento come minimo, oltre che a una serie di incentivi per quasi mettere con le spalle al muro le banche, spingendole a prestare denaro alle imprese. La soluzione trovata avrebbe 2 effetti benefici sui bilanci degli istituti: sterilizzerebbe il costo derivante dai tassi negativi applicati sui loro depositi presso gli sportelli della BCE, evitando un ulteriore impatto sui margini; ridurrebbe il loro ricorso all’emissione di obbligazioni per ottenere liquidità, preservandole dalla volatilità dei mercati. Quanto all’economia reale, tali aste potranno comportare benefici significativi? In teoria, se realmente le banche aumentassero i prestiti alle imprese, sì. E grazie alla liquidità gratis ottenuta da Francoforte, potrebbero trasferire sui prestiti condizioni molto favorevoli al debitore. Il problema, come evidenziato anche con le precedenti aste degli ultimi 18 mesi, è che “il cavallo non beve”. Le imprese non hanno che investire con un’economia asfittica, dove la domanda interna resta debole e la congiuntura internazionale appare incerta, mentre le stesse banche trovano ancora poco conveniente, specie nel Sud Europa, prestare loro denaro, dati i rischi.    

Serve fiducia, ma non c’è

I 202 miliardi di crediti sofferenti (di cui 160 verso le imprese) segnalano, ad esempio, quanto sia rischioso in questa fase prestare denaro in Italia. Non è una questione di tassi alti (sono ormai ai minimi storici), quanto di mancanza di fiducia tra le parti da un lato e di debolezza economica complessiva dall’altro.

La riattivazione del credito alle imprese potrebbe spingere fuori l’Eurozona dalle secche della stagnazione, ma perché ciò accada è necessario che anche l’altro lato del mercato, le famiglie, intravedano prospettive stabilmente positive, potendo così aumentare i consumi, specie quelli di beni durevoli. Fino a quando non attecchirà un clima soddisfacente di ottimismo, è difficile che tale scenario si verifichi. E d’altronde, un’economia con una disoccupazione mediamente a 2 cifre nell’area e con punte superiori al 20% in alcuni paesi (Spagna e Grecia), si capisce anche perché il bene-fiducia non giri molto tra le strade dell’unione monetaria.