Stop alla vendita di auto a benzina, diesel e GPL dal 2035. Lo ha deciso l’Europarlamento questa settimana, accogliendo una proposta in tal senso della Commissione europea. E’ stato respinto un emendamento presentato dal PPE, che puntava a tagliare del 90% le emissioni di CO2 delle auto dalla metà del decennio prossimo, anziché del 100%. Una soluzione che avrebbe consentito all’industria automobilistica europea di trovare alternative alle sole auto elettriche. Invece, la furia ambientalista tra gli eurodeputati ha avuto la meglio.

Una vittoria della sinistra, sebbene anche tra i socialisti vi siano state numerose defezioni all’atto delle votazioni articolo per articolo.

Il boomerang dello stop alle auto a benzina

Sta di fatto che tra poco più di un decennio smetteremo di acquistare auto a benzina, a diesel e GPL. I costruttori hanno avvertito che i tempi appaiono troppo stretti, dato che bisognerà riorganizzare tutto il mercato dell’automotive per tendere all’elettrificazione totale. L’obiettivo di Bruxelles è nobile, ovvero contribuire così al taglio delle emissioni inquinanti, che per il piano noto come Fit for 55 dovrà essere del 55% nel 2030 rispetto ai livelli del 1990. Ed entro il 2050, l’Unione Europea dovrà tendere alla neutralità carbonica.

Ma il passaggio così brutale alle auto elettriche senza alcuna possibile alternativa rischia di trasformarsi in un boomerang economico e in un flop ambientale. Anzitutto, perché è vero che le auto elettriche non inquinano, ma per costruirle serve energia. E poiché ad oggi gran parte di esse è fabbricata in Asia, dove l’energia è perlopiù generata da fonti “sporche”, il saldo potrebbe risultare meno favorevole all’ambiente di quanto crediamo. Per non parlare dei processi estrattivi dei metalli utilizzati nella fabbricazione delle batterie, noti per il loro impatto ambientale spesso estremamente negativo.

Sulle auto elettriche prevale l’ideologia

Il passaggio coattivo e totale alle auto elettriche è ideologico e, soprattutto, miope.

Significa allentare la dipendenza dai carboni fossili dell’Europa per dipendere mani e piedi dalla Cina. Il Dragone non è soltanto ricca di quelle materie prime necessarie alla costruzione delle auto elettriche, ma è già più avanti di noi in questo comparto industriale. A rischio vi sono 600.000 posti di lavoro nel nostro continente. E a dirlo è stato nei mesi scorsi il commissario alla Concorrenza, Thierry Breton, che aveva prospettato un cambio di linea della Commissione sul tema.

Peraltro, anche volendo teorizzare che l’abbandono delle auto a benzina azzeri le emissioni dei veicoli, quanto sarebbe il contributo alla riduzione delle emissioni globali? Risposta: quasi zero. L’Europa inquina per circa l’8% nel mondo e le auto a loro volta incidono per un ottavo dell’inquinamento continentale. La sola Cina inquina per il 27% e l’India per il 7%. E si tratta di realtà che tendono ad aumentare la loro incidenza, trovandosi ancora in fase di industrializzazione. L’abbandono delle auto a benzina si caratterizza a tutti gli effetti per una trovata propagandistica salatissima e inconcludente. Ennesima opera di autodistruzione economica di una élite europea che continua a non imparare dai propri errori.

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