Tra pochi giorni, per l’esattezza il 26 luglio, ricorreranno dieci anni dalla famosa frase “whatever it takes” pronunciata da Mario Draghi quando era ai primi mesi di governatore della BCE. Bastarono queste tre parole per spegnere l’incendio che stava per divorare l’euro con le sue fiamme. Tutti i commentatori oggi concordano che egli fu l’uomo giusto al posto giusto e nel momento in cui serviva. Di fatto, Draghi salvò la moneta unica. Un decennio più tardi, il cambio euro-dollaro è sprofondato fin poco sotto la parità.

Se è vero che, grazie all’ex governatore, per il momento nessuno immagina più la rottura dell’Eurozona, d’altra parte l’area se la passa peggio che mai. L’inflazione è salita all’8,6% a giugno, quando il target BCE è del 2%. E i tassi d’interesse sui depositi delle banche restano ad oggi al -0,50%.

Rialzo dei tassi BCE tardivo e risibile

Al board del 21 luglio la BCE ha già fatto presente che li alzerà dello 0,25%. Pochissimo e tardi. Di fatto, i tassi restano negativi con prezzi al consumo ormai fuori controllo. Christine Lagarde he negato fino a qualche mese fa che vi fosse un problema d’inflazione, definendola “transitoria”, salvo cambiare impostazione dopo che la Federal Reserve aveva fatto altrettanto. Ma dalle parole ai fatti sembra esservi un abisso.

Se si fa eccezione per la Banca del Giappone, che comunque fronteggia tassi d’inflazione ancora contenuti, la BCE è l’unica grande banca centrale a non avere alzato i tassi d’interesse e a tenerli, addirittura, sottozero. E c’è una ragione per tanta pusillanimità: Lagarde teme che il Sud Europa non sia in grado di reggere all’aumento del costo del denaro, che i suoi rendimenti sovrani (spread) esplodano. Da cui l’annuncio a giugno dell’imminente varo di uno scudo anti-spread.

Sembrò per qualche giorno che Lagarde per una volta ne avesse imbroccata una.

Pia illusione. Lo scudo di cui saranno svelati i dettagli giovedì prossimo non servirà a nulla. La BCE non lo userà automaticamente per sostenere i bond oggetto di vendite speculative, né in misura illimitata e né incondizionatamente. Di fatto, tanto clamore per nulla. Al board di settimana entrante, Francoforte si presenterà non solo con un rialzo dei tassi ridicolo, vista la situazione, ma neppure nelle condizioni di vararne di più corposi nei prossimi mesi, a causa del rischio di frammentazione monetaria.

Lagarde sta distruggendo l’euro

La discesa del cambio euro-dollaro riflette la scarsa credibilità della BCE. Lagarde è passata dal “non siamo qui a restringere gli spread” al “faremo di tutto per restringere gli spread”, ma nella sostanza non ha in mano alcunché. Parole vuote, assenza di atti concreti, come suggerisce la risalita dello spread italiano ai massimi da un mese. Lagarde non alzerà i tassi in misura sufficiente a battere l’inflazione prima che sarà arrivata la recessione economica. E non farà nulla per ridurre gli spread tra Sud e Nord Europa. Un’Eurozona allo sbaraglio, retta dall’incompetenza di Lagarde sul fronte monetario e Ursula von der Leyen su quello più generale, fiscale in primis.

A quanto pare la poltrona di Draghi a Palazzo Chigi si starebbe liberando; sarebbe il caso che a Francoforte qualcuno prendesse nota per rimpiazzare la persona sbagliata richiamando quella giusta. Checché ne dica lo statuto, meglio che a gestire la politica monetaria in piena crisi da inflazione vi sia un uomo credibile, oltre che competente. Non c’è più tempo per assistere alla distruzione dell’euro per mano di Lagarde.

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