Ha fatto scalpore la storia della lavoratrice milanese che ha raccontato a Il Corriere delle molestie subite sul luogo di lavoro in seguito alla seconda gravidanza, un vero e proprio incubo che nasconde un’amara verità poiché la storia della donna lombarda è solo la punta dell’iceberg di un fenomeno sempre più importante: quello del mobbing sul lavoro

Il fenomeno del mobbing

Di casi come questi, spesso non denunciati, ce ne sono migliaia solo in Italia. Se n’era parlato a settembre in Toscana durante la tavola rotonda “Donne e Lavoro 4.0” in cui era emerso che solo nelle province di Lucca, Massa Carrara e Pistoia il 20% delle donne che operavano in vari settori erano state oggetto di mobbing.

Di molestie, pari opportunità ed equilibrio vita lavoro si parla molto spesso ma ancora più spesso non si fa nulla per evitare le vessazioni sul luogo di lavoro, tanto che per molte donne andare a lavorare ogni giorno diventa una corsa ad ostacoli. 

I dati sono allarmanti. Come riporta Il Tirreno in un recente articolo sul tema, il 45% delle donne intervistate sostiene di aver subito molestie da parte di colleghi, il 35% da parte di superiori e addirittura il 10% da parte dei clienti. Ci sono poi vari tipi di molestie. Per il 65% si parla di mobbing mentre per il 16%, addirittura, di molestie sessuali. Mentre le molestie sembrano una prerogativa degli uomini, il mobbing avviene anche tra donna e donna. Molto spesso chi subisce mobbing non denuncia e vive nella paura di perdere il lavoro. Il 75% infatti evita di denunciare mentre il 25% lo fa ma non sempre ottiene qualcosa. E questo, forse, è il dato che preoccupa maggiormente. 

Anche riguardo alle pari opportunità il discorso non cambia molto. I dati confermano che molte donne lamentano la poca sensibilità riguardo le loro esigenze e altrettante hanno difficoltà ad occuparsi sia della famiglia che del lavoro.

Quando poi la donna diventa mamma il discorso si fa ancora più aspro; il 25% delle donne intervistate hanno infatti dichiarato di essere state penalizzate e altrettante di aver trovato un ambiente ostile una volta tornate a lavoro. E spesso l’unica soluzione è il licenziamento. 

Alcune storie dal web

Sono tante le storie di donne più o meno giovani che hanno chiesto aiuto allo sportello «Donna chiama Donna», attivato dalla Cgil anni fa. Molte delle richieste arrivano proprio da giovani che hanno subito mobbing o vessazioni, soprattutto dopo il rientro dalla maternità. La Nazione, in un recente articolo, racconta la storia di una donna che dopo aver partorito aveva chiesto un periodo di part time ma le era stato negato tanto che, alla fine, si era dovuta licenziare. Oppure la storia della donna che aveva chiesto un part time per seguire la mamma malata ma quella richiesta si trasformò in un’arma a doppio taglio: stesse ore lavorate, sovraccarico e stipendio dimezzato.  

Dopo la denuncia della donna milanese sono arrivati molti messaggi di solidarietà anche dalle forze politiche, tra cui la senatrice del Pd Monica Cirinnà e la consigliera regionale del M5S Monica Forte. Un messaggio importante che porta alla luce il fenomeno della discriminazioni sul lavoro legato alla maternità tanto che, solo nel 2018, l’Ispettorato nazionale del lavoro ha segnalato 49mila dimissioni o risoluzioni da parte di lavoratrici madri e lavoratori padri. Storie simili sono state raccolte dal Centro donna della camera del lavoro e sempre Il Corriere, riportando le parole della responsabile Elena Bettoni, ne riporta alcune. Il fenomeno è molto più grande di quello che si pensa e spesso molte situazioni non vengono denunciate. Se prima della maternità non sembrano sussistere problemi, dopo cambia tutto e molte donne diventano vittime di richiami, lamentele e demansionamenti.

Elena Bettoni ha raccontato a Il Corriere della donna operatrice in un hotel che a causa dei turni non riusciva a vedere mai il figlio piccolo o della commessa di un negozio, separata e madre di 3 figli, spostata in un altro negozio distante più di 1 ora di viaggio da casa. Storie quasi ordinarie che alla fine, molto spesso, portano la donna a dover rinunciare al lavoro.

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