Il 2023 è iniziato complessivamente molto meno peggio di quanto ci eravamo immaginati. Ieri, alla borsa olandese il prezzo del gas è crollato fino a 57 euro per Mega-wattora. Non si vedeva un livello così basso dal settembre 2021. Da inizio anno, il crollo supera il 21%. Le forti perdite di lunedì sono state provocate dalla previsione di forniture di gas in Europa maggiori delle attese. L’inverno continua ad essere mite nel Vecchio Continente e gli stoccaggi in Cina restano elevati. Ci sono ancora circa 20 miliardi di metri cubi di scorte a Pechino, mentre la produzione interna aumenta e contribuisce ad allentare la pressione sulla domanda globale.

Tra l’altro, la Cina sta puntando sulle energie rinnovabili per rendersi quanto più indipendente possibile dall’estero. La capacità installata a tale fine supera gli 1,1 miliardi di kW, incidendo per oltre il 30% di quella mondiale. Per i conti pubblici italiani, questi dati rappresentano una buona notizia.

L’anno scorso, il costo di emissione del debito pubblico italiano è esploso in media dallo 0,10% del 2021 all’1,31%. Considerata un’inflazione domestica superiore all’8%, nulla che debba impensierirci. Ma sta di fatto che la spesa per interessi cresce e più la Banca Centrale Europea (BCE) tiene i tassi alti a lungo, più il Tesoro si finanzierà a costi in risalita. Nel frattempo, la crisi dell’energia sta impattando negativamente sulla crescita del PIL, attesa sottozero nel quarto trimestre dello scorso anno.

Prezzo del gas: conti pubblici sotto stress con la crisi del gas

La discesa del prezzo del gas non ci riporta ai valori storici. I valori restano circa doppi dei massimi pre-2021/2022. Tuttavia, contribuisce a disinflazionare l’economia europea dopo la batosta inflitta a famiglie e imprese nel corso dell’ultimo anno. E questo offrirebbe un certo sollievo ai conti pubblici per due ragioni. La prima è che un tracollo dei prezzi delle materie prime porterà la BCE a mostrarsi più prudente circa le sue prossime mosse di politica monetaria.

Se dopo il boom dei prezzi al consumo si dovesse prospettare una stabilizzazione, il rialzo dei tassi nei prossimi mesi sarà contenuto. I rendimenti sovrani potrebbero già avere raggiunto il picco, prendendo per buona questa ipotesi. Insomma, il peggio sarebbe passato.

Non solo. La crisi dell’energia ha costretto il governo italiano a stanziare dal settembre 2021 qualcosa come quasi 85 miliardi. Questi maxi-aiuti ad oggi serviranno a tamponare i bilanci familiari e delle imprese fino a marzo. Dopodiché serviranno ulteriori stanziamenti. Più la crisi dell’energia resterà intensa, maggiore l’impatto atteso sui conti pubblici. Se, invece, la situazione si avvierà alla normalità, potremmo evitare la nuova batosta. Con un doppio risparmio: emetteremo minore debito, similmente agli altri stati europei; i rendimenti dei titoli di stato scenderebbero o almeno si stabilizzerebbero per effetto della minore offerta sui mercati. E una crisi dell’energia meno dura spingerebbe il PIL, forse evitandoci il segno negativo per l’intero 2023.

Le scorte di gas in Europa erano ancora pari all’82% della capacità massima, settimana scorsa. D’altra parte, i dubbi riguardano la fine dell’inverno. Ammesso che il clima ci grazierà fino a marzo, cosa accadrà quando l’Europa tornerà ad approvvigionarsi massicciamente per rimpinguare le sue scorte in vista dell’inverno successivo? Siamo tutt’altro che fuori pericolo, tanto da portare a dire il ministro dell’Energia del Qatar, Saad Sherida al-Kaabi, che alla fine l’Europa “perdonerà e dimenticherà” la guerra in Russia. Di conseguenza, il flusso di gas russo in Europa sarà riattivato, ha spiegato. Ma per il breve, ha aggiunto, ci sarà parecchia volatilità sui mercati, a causa delle problematiche relative alle forniture.

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