Continuano a non esserci novità sull’attesa riforma delle pensioni. Di questo passo, dal 2023 resterebbe in vigore la legge Fornero così come fu concepita nel dicembre 2011: età pensionabile per uomini e donne a 67 anni di età o pensione anticipata con 42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini e 41 anni e 10 mesi per le donne. In questi mesi, diverse soluzioni sono state ipotizzate come alternativa. Per tutto il 2022, infatti, resta in vigore quota 102 (in pensione con 64 anni di età e 38 anni di contributi).

Dall’anno prossimo le ipotesi si sprecano, ma si scontrano tutte con i saldi di finanza pubblica. Matteo Salvini vorrebbe mandare tutti in pensione con 41 anni di contributi, mentre il presidente dell’INPS, Paquale Tridico, propone la pensione in due tempi: a 62-63 anni per la sola quota di assegno liquidata con il metodo contributivo e a 67 anni si percepirebbe l’assegno pieno.

Legge Fornero, serve taglio dei contributi INPS

I numeri sono impietosi. Nel 2021 abbiamo speso per le pensioni circa il 16% del PIL. Questa sarebbe la percentuale attesa per i prossimi anni, la seconda più alta in Europa dopo la Grecia. A fronte di questa cifra elevatissima, abbiamo tra i più bassi tassi di occupazione nel mondo occidentale. Lavorano regolarmente nel nostro Paese solo 23 milioni di persone. In media, su ciascuna di essa ricade una spesa per le pensioni di 12.500 euro. Dire che è troppo è un eufemismo. Peraltro, la demografia è quella che è: nascite ai minimi storici, popolazione che invecchia e, quindi, sempre più pensionati e meno giovani lavoratori anno dopo anno.

Se c’è un limite all’occupazione italiana, esso consiste nell’alto cuneo fiscale. Se ne parla proprio in questi giorni a proposito di salario minimo. Confindustria oppone il taglio dei contributi INPS quale soluzione per aumentare sia i salari netti dei lavoratori che i posti di lavoro.

Essi ammontano complessivamente al 32,7% del salario lordo, di cui il 23,81% a carico del datore di lavoro e l’8,89% del lavoratore. L’alta percentuale disincentiva alle assunzioni. Le imprese avrebbero bisogno di pagare di meno, ma i conti dell’INPS non permettono sgravi strutturali. Anzi, la spesa per le pensioni è coperta dallo stato per una media di 25-30 miliardi di euro all’anno.

Siamo al cane che si morde la coda: per pagare le pensioni servono lavoratori e per avere più lavoratori serve abbassare i contributi previdenziali. Ma poiché la spesa per le pensioni resta altissima, i contributi non possono essere tagliati. Dunque, la sostenibilità dei conti INPS traballa.

Spesa pensioni troppo alta

Il ritorno alla legge Fornero sembra di buon senso. Negli ultimi anni, tra quote, Opzione Donna e clausole di salvaguardia di ogni tipo, l’età media effettiva di pensionamento in Italia è stata di 63 anni. Troppo bassa per un Paese che ha la fortuna, insieme al Giappone, di guidare le classifiche mondiali della longevità. E sotto la media OCSE di 64 anni. Tendere ai 64-65 anni in breve tempo è d’obbligo per trovare le risorse necessarie per finanziare il taglio del cuneo fiscale. La politica deve scegliere se aumentare la spesa per le pensioni per l’ennesima volta o se investire sul lavoro. La seconda opzione finirebbe per far bene anche ai pensionati attuali e a coloro che si trovano a ridosso della pensione, in quanto renderebbe più stabili i conti dell’INPS e più sostenibile la spesa previdenziale.

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