Cervelli in fuga dall’Italia per trovare un posto nel mondo. Si è parlato molto spesso di giovani medici, ricercatori o generalmente laureati costretti ad andare all’estero per avere una vera opportunità di lavoro. In un recente articolo pubblicato su ‘The Lancet Public Health’, riportato da Il Fatto Quotidiano, i medici, ricercatori e docenti dell’Istituto scientifico biomedico Euro Mediterraneo, della Società italiana di medicina ambientale, della Società italiana di sanità pubblica e digitale e del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr) hanno voluto parlare della loro situazione e di come sono stati costretti ad emigrare per carenze di opportunità ma anche prospettive di carriera poco edificanti.

 

Una fuga forzata

I medici e ricercatori hanno così proposto alcune soluzioni tramite la rivista The Lancet Public Health in cui hanno spiegato la necessità di garantire l’accesso alle scuole di specializzazione entro pochi anni dal conseguimento della laurea, aumentando il numero delle borse di studio e ripensando l’attuale sistema che ha drammaticamente ridotto le possibilità di scegliere indirizzi specifici all’interno delle scuole di specialità e rende spesso molto difficile agli aspiranti medici seguire la propria vocazione”. 

In base ad alcuni studi è emerso che una larga fetta di medici che lasciano il proprio paese per andare all’estero sono italiani, attratti dagli stipendi più alti e dalle maggiori possibilità di carriera. D’altronde la situazione appare drammatica visto che del nostro sistema nazionale sanitario si parla ormai da tempo in termini non positivi. Gli esempi a cui fare riferimento sono tanti: ad esempio il Molise, a causa della carenza di personale, aveva pensato di reclutare militari senza considerare la carenza di medici di base in generale a livello nazionale. E se poco o nulla si fa per trattenere i medici italiani per far fronte alla carenza di personale, non di rado, si vanno a cercare medici nell’Europa dell’Est.

 

Quali soluzioni

Sulla nota rivista, quindi, il gruppo di medici ha paventato alcune proposte per illustrare il sistema e capire come poterlo migliorare. Ad esempio, dando più spazio ai biologi, biotecnologi, farmacisti, ingegneri biomedici. “Puntare su ricerca e innovazione è l’unica soluzione per ridurre le disparità sanitarie. Oltre mezzo milione di cittadini italiani si spostano oggi dal Sud al Nord Italia perché credono di ricevere cure di migliore qualità, laddove queste sono associate alla ricerca” ha detto Alessandro Miani, presidente Sima. Da qui l’esigenza di puntare sui giovani laureati e formarli dando loro prospettive di immediato inserimento. 

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