Persino l’agenzia di rating Fitch ha aumentato le previsioni di crescita per l’economia italiana di quest’anno dallo 0,50% di marzo all’1,2%. L’Unione Europea, tramite il commissario agli Affari monetari, Paolo Gentiloni, ha confermato tale dato e ha sottolineato come il nostro PIL risulti crescere di più tra le grandi economie europee. E il segreto di questo inatteso successo a dire il vero è di pulcinella. Si chiama Made in Italy. Ieri, l’ISTAT ha aggiunto un altro tassello alla serie di dati positivi.

Nel mese di marzo, la bilancia commerciale italiana ha segnato un avanzo di 7,54 miliardi di euro contro il deficit di 757 milioni dello stesso mese dell’anno passato.

Nel primo trimestre, complessivamente abbiamo registrato un avanzo commerciale di 5,4 miliardi. Un anno prima, c’era stato un deficit di 8,75 miliardi. Dunque, abbiamo registrato un miglioramento su base annua di 14,15 miliardi. Facendo i conti della serva, la spinta del Made in Italy sta incidendo positivamente per almeno lo 0,7% del PIL. In effetti, nel primo trimestre l’economia italiana è cresciuta dell’1,8% su base annua e dello 0,5% rispetto ai tre mesi precedenti.

Boom esportazioni, giù deficit energetico

Scorporando i dati, scopriamo che il minore deficit energetico ha contribuito solo in parte al miglioramento della bilancia commerciale. Parliamo delle importazioni nette di energia (petrolio, gas, ecc.), il cui valore nel primo trimestre del 2022 era stato di 22,65 miliardi e che nel primo trimestre di quest’anno risultava sceso a 18,90 miliardi. Dunque, c’è stata una discesa di 3,75 miliardi, a seguito del crollo delle quotazioni di gas e petrolio. Allo stesso tempo, l’avanzo commerciale legato ai prodotti non petroliferi è schizzato da 13,90 a 24,3 miliardi (+10,4 miliardi). Questo significa che i tre quarti del miglioramento è dovuto al successo del Made in Italy, che aveva tenuto a galla l’economia italiana nel decennio pre-Covid con elevati avanzi commerciali.

Come sappiamo da tempo, circa metà di questi ultimi maturano negli Stati Uniti. E qui, nel primo trimestre abbiamo registrato esportazioni nette per 10 miliardi di dollari, in aumento dagli 8,52 di un anno prima. Di questo passo, l’avanzo nell’intero anno sfiorerà i 50 miliardi dai 41,71 miliardi del 2022. Nel complesso, le esportazioni tra gennaio e marzo sono cresciute di quasi il 10% a 159,42 miliardi, mentre le importazioni sono rimaste sostanzialmente invariate. L’avanzo di marzo è il più elevato in Italia da quando è stato introdotto l’euro. Insomma, Made in Italy in grande spolvero.

Made in Italy su grazie a maggiore competitività imprese

A questo la domanda diventa un’altra: cosa sta rinvigorendo così tanto le esportazioni italiane? La risposta più ovvia risiede nell’accresciuta competitività delle nostre imprese. E’ vero che il cambio euro-dollaro si è di molto indebolito nell’ultimo anno, arrivando a scendere ai livelli minimi dal 2002 nell’autunno scorso. Attualmente, si attesta ancora sotto la soglia di 1,10. Una moneta unica debole aiuta senz’altro il Made in Italy. Ma c’è dell’altro. Tra il 2007 e il 2019, prima che arrivasse la mazzata della pandemia, il PIL italiano era sceso di oltre il 4% in termini reali. L’economia nazionale è stata in profonda crisi per un periodo prolungato e ciò ha fatto sparire dal mercato tutte o gran parte delle imprese meno competitive.

Adesso, sono rimaste attive le imprese più efficienti, quelle che avevano investito di più nella modernizzazione o che sono nate in anni recenti. Questa robustezza, anche di capitali, permette loro di lanciarsi con maggiore successo nella sfida della globalizzazione. In altre parole, il Made in Italy si regge sulle spalle di imprese più forti e riesce così a tenere testa alla concorrenza internazionale. C’è ancora molto spazio per migliorare i saldi della bilancia commerciale. Nel 2021, quando le quotazioni dell’energia erano su valori “normali”, il deficit energetico nel primo trimestre fu di appena 7,5 miliardi, quasi 11,5 in meno di quello di quest’anno.

Del resto i prezzi del gas restano sopra i massimi dell’era pre-bellica, pur essendo crollati dall’estate scorsa.

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