Il Consiglio dei ministri del 4 agosto scorso ha approvato la modifica allo statuto di Bankitalia nella parte che fissa il limite massimo alle quote detenibili dalle banche. Volendo essere maligni, possiamo affermare che il premier Mario Draghi abbia voluto fare un piccolo regalo alle banche italiane prima di andare via. Per capire di cosa parliamo, dobbiamo fare un passo indietro. La Banca d’Italia è un istituto di diritto pubblico, il cui capitale risulta suddiviso in 300.000 quote. Fino al 2014, ogni quota valeva appena 0,52 euro, cioè quanto le vecchie 1.000 lire.

In altre parole, l’intero capitale ammontava a 156.000 euro. Una cifra ridicola, che non vale neppure il costo di acquisto di un monolocale a Roma.

Rivalutazione quote Bankitalia con Letta

La legge n.5 del 2014 sotto il governo Letta effettuò la rivalutazione del capitale a 7,5 miliardi di euro. Allo stesso tempo, fissò al 3% la soglia massima di quote che si potevano detenere. Poiché il 3% di 300.000 è 9.000 quote, nessun socio avrebbe potuto possederne di più, pena il mancato esercizio del diritto di voto in assemblea e il mancato incasso dei dividendi per le quote eccedenti.

Quell’operazione fu oggetto di forti polemiche. La rivalutazione del capitale di Bankitalia permise alle banche italiane, in una fase molto negativa per i loro di bilanci, di vendere le quote a prezzi molto superiori a quelli di carico, realizzando plusvalenze con cui abbellire i conti e maturare profitti. Allo stesso tempo, anche i dividendi massimi distribuiti ai soci potevano salire. Essendo il limite fissato al 6% del capitale, Bankitalia può annualmente distribuire fino a 450 milioni di euro di cedole.

Cosa cambia con modifica a statuto Bankitalia

Insomma, il governo Letta fece al tempo un bel regalo alle banche. Draghi va via con un cadeau un po’ meno pesante, ma pur sempre interessante per le banche. Con la modifica allo statuto di Bankitalia, ciascun socio potrà detenere quote fino al 5% del totale.

Un aumento dal 3% attuale. Questo significa che un singolo socio potrà detenere fino a 15.000 quote, non più le 9.000 di oggi. Questo innalzamento premia i soci che hanno continuato a detenere quote in eccesso rispetto al limite fissato nel 2014. Quali sono? Ecco l’elenco:

  • Unicredit 15.000
  • Cassa Nazionale di Previdenza ed Assistenza per Ingegneri ed Architetti Liberi Professionisti 14.800
  • Ente Nazionale di Previdenza ed Assistenza dei Medici e degli Odontoiatri 14.800
  • Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza Forense 14.800
  • Intesa Sanpaolo 14.736
  • Cassa Nazionale Previdenza Assistenza Dottori Commercialisti 11.000
  • ICCREA Banca S.p.A. 9.367

Unicredit e Intesa Sanpaolo beneficiarie

Prendendo ad esempio Unicredit e Intesa Sanpaolo, esse potranno rispettivamente esercitare i diritti di voto ed economici su 6.000 e 5.736 quote in più. Quest’anno, il governatore Ignazio Visco ha proposto la distribuzione di un dividendo pari a 340 milioni di euro, il 4,5% del capitale, ben sotto la soglia massima consentita. Tenendo presente questo dato, Unicredit incasserebbe un maggiore dividendo di 6,8 milioni all’anno e Intesa Sanpaolo di 6,5 milioni. Bazzecole per i conti miliardari delle due principali banche italiane.

Il principale beneficiario dei dividendi erogati da Bankitalia resta di gran lunga lo stato. Negli ultimi cinque anni, ha incassato 28,5 miliardi, cifra a cui si aggiungono 6,3 miliardi di imposte di competenza. Non possiamo escludere una futura seconda rivalutazione del capitale, cosa che impatterebbe molto positivamente sulle banche che si sono tenute le quote fino al 5% del totale e in eccesso rispetto al precedente limite del 3% ancora vigente. D’altra parte, viene meno la pressione a vendere tali quote, ma non l’incentivo economico. Ogni quota sarebbe ceduta per 25.000 euro, a fronte di un dividendo massimo distribuibile di 1.500 euro. Servirebbero quasi 17 anni di dividendi per ottenere il valore di una quota, più di 22 anni stando al dividendo effettivo distribuito dall’istituto.

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