In India è guerra totale al contante. L’8 novembre scorso, in coincidenza con le elezioni USA, il premier Narendra Modi ha annunciato che avrebbe ritirato dalla circolazione, a decorrere dalla mezzanotte seguente, le banconote dal taglio più elevato, quelle da 500 e 1.000 rupie, corrispondenti ad appena 6,50 e 13 euro circa. In cambio, ha spiegato, gli indiani avrebbero potuto ritirare in banca fino al 30 dicembre prossimo banconote di nuova emissione o tagli più piccoli. Obiettivo: stanare gli evasori fiscali, ovvero quel 2% della popolazione, che deterrebbe la stragrande maggioranza delle banconote di alto taglio.

La lotta al contante di cui si è fatto interprete il governo sta avendo un impatto devastante sull’economia indiana, dato che le banconote ritirate rappresentano l’86% del denaro circolante. La crescita del pil nell’anno fiscale 2016-2017, che si concluderà il prossimo 31 marzo, potrebbe rallentare del 2% intorno al 5,5%, ma non si esclude, addirittura, una recessione nelle prossime settimane, a causa dell’impossibilità per le attività produttive di produrre o erogare servizi, data la carenza di liquidità sul mercato. (Leggi anche: Ora l’India rischia di passare dal boom alla recessione)

Stangata fiscale e sequestro sui conti sospetti

A fronte di queste conseguenze negative, pare che il numero dei biglietti scambiati in banca sia stato ancora esiguo, tanto da preoccupare Nuova Delhi, che adesso ipotizza una sorta di misura atomica contro quelli che considera apertamente evasori fiscali. Il governo starebbe ipotizzando, riporta Indian Express, un’imposta del 50% sui conti bancari di origine non provata, ovvero quelli per i quali i titolari non sanno spiegarne la provenienza delle giacenze o non fornirebbero spiegazioni convincenti.

Di più, il restante 50% potrebbe essere utilizzato liberamente solo per la metà, mentre per la restante metà sarebbe soggetto a limitazioni d’uso per quattro anni, in modo che il presunto denaro illecito o sfuggente al Fisco non possa essere utilizzato sul mercato, se non nel tempo.

Chi non accettasse questo schema, sarebbe sottoposto a una tassa del 30%, alla quale si sommerebbe una sanzione del 60%. (Leggi anche: Lotta al contante, pericoloso imitare la misura dell’India)

 

 

 

Guerra senza quartiere agli evasori fiscali

Di fatto, il governo indiano starebbe proponendo ai presunti evasori fiscali un accordo molto punitivo, ovvero di disporre subito di solo un quarto delle somme depositate in conti sospetti, mentre un altro quarto sarebbe sostanzialmente “sequestrato” dal governo fino a 4 anni e la metà versata allo stato sotto forma di tasse.

Si spiegherebbe, quindi, la paura di milioni di indiani nel portare le banconote fuori corso legale in banca. Al di sopra di un certo tetto, infatti, le banche sarebbero obbligate a segnalare al Fisco le operazioni effettuate con i clienti e in un paese con un’economia sommersa gigantesca, difficilmente sarebbero in tanti a saper giustificare la provenienza del denaro scambiato. Si stima che sia sorto nel paese un mercato nero per “ripulire” le banconote dai tagli più grossi, scambiate a sconto del 30-35%, una “tassa” informale che in molti sarebbero disposti a pagare, pur di non ricevere qualche visita sgradita dei funzionari del Fisco. (Leggi anche: Bitcoin, domanda in volata per riciclare il contante vietato)

Sarà guerra anche all’oro?

Infine, l’India sappiamo essere il secondo consumatore di oro al mondo, dopo l’India. Si stima che un terzo delle 1.000 tonnellate richieste ogni anno sia utilizzato nell’economia sommersa. Nei giorni seguenti all’annuncio-shock contro il contante, si è innescata una corsa a scambiare banconote contro oro, al fine di proteggere il proprio potere di acquisto e di sfuggire ai controlli fiscali. Con una serie di blitz presso le gioiellerie, però, lo stato ha dissuaso molto clienti e, soprattutto, venditori a utilizzare il metallo per ripulire il denaro sporco, ma non sembra che il governo sia soddisfatto.

Tra le altre misure allo studio, s’ipotizzano nuove imposte sull’oro, finalizzate a disincentivarne la domanda, oltre che un vero e proprio divieto temporaneo sulle importazioni, che arrivano alle 650-700 tonnellate all’anno. Se davvero si procederà su questa strada, sarebbe un disastro per le quotazioni auree internazionali, mentre il mercato nero fiorirebbe ancora di più dalle 120 tonnellate trafficate lo scorso anno. In ogni caso, per gli indiani saranno tempi duri, tra divieti, tasse e sequestri ai danni del cash, che rappresenta ancora il 98% delle transazioni interne. (Leggi anche: Oro, prezzi attesi in calo e affari crollano del 75%)