L’Austria che chiude le frontiere al Brennero per tutelarsi dall’ingresso di italiani; la Germania che vieta le esportazioni di mascherine per non restarne senza; i ministri della Sanità riuniti in teleconferenza e che si girano da un’altra parte alla richiesta dell’Italia di ventilatori per la respirazione. E la ciliegina sulla torta è arrivata solamente giovedì scorso, quando il governatore della BCE, Christine Lagarde, ha risposto così a chi le chiedeva se si sarebbero resi necessari nuovi interventi per reagire all’ampliamento dello spread italiano: “non siamo qui a chiudere gli spread”.

Qualche ora dopo, qualcuno le avrà fatto notare che le borse europee fossero state spazzate via da quella frase e si è corretta rassicurando anche sul fatto che l’istituto si tenga pronto ad effettuare acquisti mirati di titoli di stato.

Panico in borsa, vola lo spread e la BCE non convince i mercati: siamo in emergenza

Il giorno prima, la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, inviava a Roma una lettera patetica di vicinanza, un po’ come quando a Natale e Pasqua si scorre la rubrica del telefonino e si invia a tutti i contatti i famosi auguri uguali per tutti “a te e famiglia”. Delle belle parole, mentre abbiamo chiuso scuole, quasi tutte le attività commerciali, gli uffici e messo in quarantena 60 milioni di abitanti, non ce ne facciamo nulla. Servirebbero i fatti e quelli sono arrivati, ma di significato opposto a quello desiderato.

L’Unione Europea, tanto lodata per la sua presunta capacità di gestire meglio situazioni complesse, ancora una volta si è rivelata essere inutile, persino sprovvista del senso di solidarietà che in altre fasi della storia si è avuto tra stati-nazione che pure tra loro si guardavano in cagnesco. Dall’emergenza sbarchi, al Coronavirus, passando per la devastante crisi dell’economia che ci sta colpendo per via della pandemia, nessuno ha mosso un dito, se non per prendere le distanze da Roma.

Se qualcuno temeva l’Italexit, dovrebbe ricredersi: siamo già fuori dall’Europa; o meglio, siamo in isolamento in Europa.

La crisi dell’Italia

I numeri di questa condizione umiliante ci sono tutti: spread a 270 punti; rischio sovrano percepito ai livelli più alti dal giugno scorso con i “cds” a 5 anni sopra 200 punti; rendimenti italiani che superano quelli della stessa Grecia lungo quasi l’intera curva delle scadenze e che conquistano il triste primato europeo, anzi tra le economie avanzate; pil in caduta libera, quando già segnava -4% rispetto ai livelli reali del 2007. Cos’altro ci serve per capire che Francoforte e Bruxelles non hanno alcuna intenzione di tutelare la nostra economia, riuscendo nel difficile tentativo di esporci alla speculazione finanziaria nel momento peggiore della nostra storia recente?

L’economia italiana è già in ginocchio e stavolta rischiamo sul serio di uscire dall’euro

L’Italexit, ossia l’uscita dell’Italia dall’euro (quasi impossibile immaginare dalla UE), si è sempre temuto all’estero che si verificasse con l’arrivo al governo di Roma di forze politiche euro-scettiche. E’ accaduto nel 2018 con Movimento 5 Stelle e Lega e abbiamo visto quanto tale percezione fosse esagerata, se è vero che, toni duri a parte, quell’esecutivo “giallo-verde” si comportò esattamente in linea con i suoi predecessori di comprovata fede europeista, ironia della sorte lasciando in eredità il deficit fiscale più basso dal 2007. No, l’uscita dell’Italia dall’euro, se ci sarà mai, non sarà voluta da nessuno tra i leader politici italiani, incapaci di gestire l’ordinario, figuriamoci un processo storico così rilevante.

No, l’uscita dall’euro avverrebbe per volontà tacita dei nostri partner. Nessuno mai si esprimerebbe in tal senso, anzi tutti cercheranno di mostrarsi intenti a tenerci nell’euro fino all’ultimo secondo, perché non esiste governo che voglia passare alla storia in Europa come colui che ha distrutto l’unione monetaria o che ha fatto un torto all’Italia su un tema di così straordinaria importanza.

Ma i comportamenti parlano da soli, già da tempo. Quando l’unica occupazione dell’Eurogruppo, pur in piena emergenza Coronavirus, diventa la riforma del Fondo salva-stati, quando la BCE non trova di meglio che precisare di non occuparsi di spread, quando l’unica reazione concreta alla pandemia nell’area Schengen diventa di chiuderci le frontiere in faccia, il significato appare a tutti chiaro.

Reazione unanime contro la BCE

L’Italia non è un partner ben voluto nell’Eurozona, semmai tollerato con estrema difficoltà dagli stati che contano. Sarà la scarsa o nulla fiducia che riscuotono all’estero i governicchi che bulimicamente cambiamo di anno in anno, sarà che ci presentiamo a Bruxelles con idee cialtrone per non risolvere mai i nostri problemi macroeconomici, sarà anche che risultiamo a pelle antipatici e che i nostri interessi nazionali confliggano con quelli di qualche pezzo grosso, ma il trattamento che puntualmente ci viene riservato cozza con la nostra prospettiva storica di rimanere nell’euro. E non stiamo dicendo che l’uscita sarebbe desiderabile o che l’euro sia la causa dei nostri mali, quanto che non si ravvisi quel clima di reciproco sostegno, che pure dovrebbe essere fondamento di una unione monetaria.

La vergognosa riforma del MES con Camere in quarantena per Coronavirus

Giovedì sera, qualcosa di nuovo è accaduto in Italia. Per la prima volta, non solo dalle formazioni politiche tacciate di euro-scetticismo, bensì pure da quelle europeiste e persino dal Quirinale si è notata una levata di scudi contro la BCE. Il presidente Sergio Mattarella, che ha sempre difeso le istituzioni comunitarie, non ha fatto accenno al discorso di Lagarde, ma in una nota diramata ha fatto appello alla UE, affinché si mostri solidale e non crei “ostacoli” all’Italia in questa fase.

Come a voler dire “non volete aiutarci, va bene, ma almeno abbiate la decenza di stare zitti”. E per la prima volta, tutta la stampa nazionale si è schierata contro la BCE.

Che siamo a una svolta, che abbiamo davvero preso coscienza tutti insieme della condizione di “minus inter pares” in cui viene relegata l’Italia da qualche decennio, è molto presto per dirlo. L’establishment italiano soffre di inconsistenza ideale, ideologica e persino finanziaria per potersi permettere il lusso dell’onestà intellettuale. Tuttavia, qualcosa si è mosso quella sera di giovedì, perché quando è troppo, è troppo. E la BCE l’ha fatta grossa, dimostrando nel migliore dei casi di essere un’istituzione inadeguata, se non tossica per l’Italia. La Commissione è corsa ai ripari, garantendo tutta la flessibilità possibile all’Italia. Ma si va alla rinfusa, più per placare i crolli delle borse di Germania e Francia, che non per risollevare realmente le sorti dell’economia italiana.

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