Mentre la Russia soffoca a causa dell’embargo durissimo imposto dall’Occidente contro la sua economia, lunedì è stato annunciato un accordo commerciale che definire strategico è poco: l’India acquisterà petrolio da Mosca a sconto. Non sappiamo le quantità, né quale sarà l’entità dello sconto praticato. Un indizio esiste già. La raffineria IOC ha nei giorni scorsi acquistato Urals dalla Russia tramite Vitol per 3 milioni di barili e a sconto di 20-25 dollari per barile con consegna a maggio.

L’accordo non è un vero fulmine a ciel sereno.

All’ONU, l’India si era astenuta sulla condanna all’invasione russa dell’Ucraina, così come ha fatto la Cina. I rapporti tra Mosca e Nuova Delhi sono molto stretti. La seconda importa dalla prima metà delle armi. I funzionari indiani hanno smentito qualsivoglia appoggio all’occupazione russa, chiarendo di avere condannato le violenze e di reclamare una soluzione diplomatica. Tuttavia, l’accordo sul petrolio parla chiaro.

L’embargo americano sta impedendo alla Russia di vendere all’Occidente 5 milioni di barili al giorno, compresi i prodotti raffinati. Per quanto l’Europa non abbia espresso alcun divieto, le navi-cisterna girano a vuoto al largo delle coste russe, non caricando il greggio per paura di finire sanzionati in futuro. L’India importa mediamente 4 milioni di barili al giorno negli ultimi anni. Dalla Russia acquista una quantità risibile, circa il 3% del suo fabbisogno. Questo significa che, qualora decidesse di concentrare le importazioni dalla Russia, questa avrebbe trovato un cliente con cui rimpiazzare l’Occidente con una mossa sola.

Non solo petrolio: in Asia blocco geopolitico

Peraltro, all’economia indiana farebbe molto comodo riuscire a importare petrolio a prezzi scontati rispetto alle quotazioni internazionali. L’interdipendenza tra le due potenze aumenterebbe decisamente. Altro aspetto rilevante, poi, consiste nelle modalità di pagamento: poiché la Russia dei dollari non può farsene nulla in questa fase, a causa delle restrizioni dell’Occidente, i barili saranno saldati in rubli, basandosi sulle quotazioni espresse in yuan.

I dettagli non sono stati resi noti, ma sappiamo che da qualche anno in Cina esiste un incipiente mercato che usa lo yuan per tradare il greggio.

Questa mossa ha suscitato stupore in Occidente, dove l’India è considerata una potenza amica. Il Regno Unito si è affrettato a promettere che intensificherà le relazioni economiche con la sua ex colonia. Il primo rischio che s’intravede con l’accordo sarebbe di vanificare parte degli effetti sanzionatori contro la Russia. Secondariamente, in Asia si starebbero creando le condizioni per accelerare il processo di dedollarizzazione degli scambi. A tal fine, Mosca ha annunciato lunedì che la sua nuova riserva di valuta sarà lo yuan.

Cina, India e Russia fanno insieme 3 miliardi di abitanti, quasi il 40% di tutti quelli sulla Terra. E nel complesso rappresentano un’economia di 22.000 miliardi di dollari, di poco dietro solo a quella americana. Quando affermiamo che i russi siano isolati, dovremmo considerare i fatti da un’angolatura meno occidentale-centrica. Non che rimpiazzare Europa e Nord America come partner commerciali e finanziari sia questione di poco, tutt’altro. Semplicemente, esistono alternative di lungo periodo, specie considerando le dimensioni dell’economia cinese. E l’India per un Vladimir Putin apparentemente isolato nello scacchiere diplomatico internazionale è stata in settimana una boccata d’ossigeno.

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