Ci sono buone notizie per il mercato del lavoro in Italia. I dati sull’occupazione continuano a migliorare. Questa settimana, l’ISTAT ha reso noti quelli di febbraio. Il numero degli occupati è cresciuto di 10.000 unità rispetto a gennaio e di 352.000 in un anno, salendo a 23 milioni 313 mila. In termini percentuali, nuovo record al 60,8% delle persone residenti in età lavorativa. Stabile il tasso di occupazione all’8%. In cerca di lavoro risultano poco più di 2 milioni di persone. E rimane invariato anche il dato degli inattivi al 33,8%.

Si tratta di coloro che non risultano occupati e che non cercano attivamente un posto di lavoro.

L’aumento dell’occupazione è stato dovuto unicamente ai lavoratori dipendenti a tempo indeterminato, mentre si è registrato un calo tra i lavoratori a termine e gli autonomi. E ha riguardato tutte le classi di età, eccetto quella tra i 35 e i 44 anni per effetto dell’andamento demografico sfavorevole.

Dunque, il mercato del lavoro in Italia continua a segnalare miglioramenti progressivi. Un trend positivo che va avanti da anni, interrotto per ovvie ragioni solo dalla pandemia. Tuttavia, i margini per l’autocompiacimento restano scarsissimi. Perché è vero che sono i numeri migliori da quando l’ISTAT ha iniziato la rilevazione delle serie storiche nel 1977, ma partivamo da livelli relativamente molto bassi. E nel confronto europeo, le distanze restano enormi. Basti pensare che l’occupazione in Germania si attesta al 77,3%, in Francia al 68,3%, nel Regno Unito al 75,7% e in Olanda all’82,2%.

Lavoro in Italia con troppe differenze tra Nord e Sud

Rispetto alle principali economie europee, nel caso migliore restiamo con un’occupazione più bassa di sette punti e mezzo percentuali. Del resto, se guardassimo verso Sud, avremmo qualche motivo di soddisfazione. L’occupazione in Spagna è ancora al 51% e in Portogallo al 56,4%. Questi dati dimostrano che l’Italia, anche con riferimento all’occupazione, rimane a metà strada tra Nord e Sud Europa.

Ma essa stessa risulta dilaniata al suo interno da un Nord con tassi di occupazione più “europei” e un Sud quasi nord-africanizzato.

Nel quarto trimestre del 2022, al Nord l’occupazione era del 69%, al Centro del 65% e al Sud del 47,1%. In testa alla classifica trovavamo la Provincia Autonoma di Bolzano con il 74,3%, mentre in fondo c’era la Sicilia con un disastroso e allarmante 43,2%. In pratica, tra l’area più ricca di lavoro in Italia e quella più in affanno ci sono oltre trenta punti percentuali di differenza.

Per quanto anche il Nord Italia avrebbe ancora margini di miglioramento per tendere ai livelli nordeuropei, è evidente che il problema dell’occupazione nel nostro Paese sia nella sostanza prettamente meridionale. Se avessimo la stessa percentuale di occupati della Francia, lavorerebbero circa altre 3 milioni di persone. E i due terzi dell’aumento si otterrebbero facendo salire al 60% l’occupazione al Sud. Questi dati celano, tuttavia, anche un diffuso lavoro nero nel Meridione, frutto di scarso rispetto delle regole, di un’economia povera e incapace di sostenere i costi di un mercato ufficiale e, infine, di forme di illegalità organizzata vera e propria.

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