Si torna a parlare del tema lavoro e di un mercato che cerca di guardare al futuro ma con tanti punti oscuri. Se gli ultimi dati Istat parlano di tasso di disoccupazione in crescita c’è anche da dire che c’è un segmento che sembra non conoscere crisi. Parliamo dell’information and communication tecnology (Ict).

Migliaia di assunzioni nel settore tech ma mancano le competenze

Secondo il rapporto dell’Osservatorio delle competenze digitali 2018, condotto da Aica, Anitec-Assinform, Assintel e Assinter Italia, in collaborazione con Cfmt, Confcommercio, Confindustria e riportate anche da Il Sole 24 Ore, sembra che il mercato Ict è quello che continua a sfornare offerte di lavoro.

Saranno infatti disponibili fino a 88mila posti in più tra la fine dell’anno e il 2020. Il futuro, insomma, è legato ai lavori digitali e questo emerge ancora più chiaramente dal fatto che le aziende chiedono competenze digitali anche per profili non strettamente legati all’Ict.

Le figure più cercate

Ma quali sono quei mestieri che nei prossimi due anni avranno il boom delle richieste? Parliamo, soprattutto, di cyber security officer, specialista dei big data e il service development manager. L’indagine ha analizzato migliaia di offerte di lavoro legate al settore Ict e pubblicate lo scorso anno, registrando un aumento percentuale del + 7%. Tra i profili più richiesti spiccano gli sviluppatori cresciuti del 19% rispetto all’anno precedente seguiti dalla figura dei consulenti Ict e Ict operations manager, richiesto soprattutto nel terziario. Gettonate anche le figure di Big data specialist e service development manager. Da considerare che più della metà delle richieste per queste figure arriva dal Nord Ovest, Lombardia in primis, dove si concentrano il 48% delle richieste. Il resto è diviso tra Nord Est, Centro e Sud.

Preoccupa il gap tra domanda e offerta

Ma se le figure legate al settore digitale prenderanno il volo e di conseguenza daranno la possibilità ai giovani di investire in un settore fruttuoso, preoccupa il gap tra domanda e offerta.

In sintesi mancano i laureati pronti ad operare in questo settore. Le aziende hanno richiesto fino a 20.500 tecnici l’anno ma i laureati sono stati 8.500 mentre per i diplomati la situazione appare opposta. Le università, insomma, non sembrano andare di pari passo con le competenze digitali o forse non ci sono abbastanza giovani interessati a questo settore che, invece, sembra davvero guardare al futuro.

Si fa dunque riferimento ad alcune soluzioni che potrebbero migliorare il percorso lavorativo di tanti giovani ad oggi, come, si legge nel rapporto:”lancio di nuovi modelli di interazione tra domanda e offerta nel mercato del lavoro digitale e l’aggiornamento permanente e della riconversione professionale”. Quello che appare chiaro, in ogni caso, è che il mercato del lavoro italiano ha bisogno di grosse modifiche per essere al pari di quello europeo, importante anche partire dai percorsi universitari per colmare quel gap che ad oggi blocca l’evolversi del futuro lavorativo di molti giovani.

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