L’estate è alle porte e, se vogliamo, la stagione turistica è iniziata con l’arrivo delle prime temperature stabilmente gradevoli. Ma le associazioni di categoria lanciano l’allarme: servirebbero 387.000 lavoratori stagionali, di cui il 40% risulta introvabile. Parliamo di centinaia di migliaia di posti di lavoro che nessuno vorrebbe ricoprire. Barman, cuochi, camerieri, addetti alle pulizie, lavapiatti, bagnini, animatori, ecc. E torna la polemica sul reddito di cittadinanza, perché non sono pochi a credere che il sussidio stia disincentivando numerosi giovani alla ricerca di un lavoro.

Ma è davvero così?

Lavoratori stagionali tra bassi stipendi e occupazione instabile

La realtà è che tutti abbiamo interesse a semplificare un problema più complesso di quanto appaia. C’è di certo che gli stipendi offerti nel settore del turismo ai lavoratori stagionali siano spesso insufficienti. E a fronte di turni lunghissimi, che possono arrivare a 15-16 ore al giorno nel caso degli animatori. Per non parlare del fatto che moltissime posizioni siano in nero, cioè non si hanno diritti nel caso di malattia e neppure qualche contributo per la vecchiaia.

E’ evidente che intascare il reddito di cittadinanza standosene sul divano, a queste condizioni, si riveli la scelta più conveniente. Ma se da una parte abbiamo percettori con scarso senso del lavoro, dall’altro certa imprenditoria non aiuta. Certo, in molti casi gli stipendi non possono essere aumentati per l’impossibilità di alzare ulteriormente i prezzi. Ed è vero, legato al fatto che l’Italia non abbia puntato mai su un turismo di qualità, se non in sparute realtà. Basti guardare ai dati sconfortanti sulla spesa media di un turista nel nostro Paese, significativamente inferiore a quella di paesi come la Francia.

Mettiamoci anche la pandemia. Tra una restrizione e l’altra, specie i giovani ne hanno sofferto per non essere stati in grado negli ultimi due anni di uscire liberamente, andare a ballare, a mangiare fuori regolarmente con gli amici.

Con l’arrivo della bella stagione e l’allentamento delle restrizioni, la voglia di sgobbare è bassa. E’ alta quella di divertirsi. Senz’altro. Ma c’è di più: come può un settore che produce il 13% del PIL e il 14% dell’occupazione in Italia pensare di essere accattivante per i lavoratori stagionali, quando assume per pochi mesi e nel resto dell’anno manda a casa centinaia di migliaia di dipendenti?

Il grattacapo dei voucher

A queste condizioni, non troverai mai un padre di famiglia, ma rimarrai in balia dei “capricci” di ragazzini in cerca di un’occupazione momentanea per sbarcare il lunario, magari per pagarsi gli studi. Non è un modello di business efficiente e sostenibile. Non puoi pensare che caschino ai piedi della tua attività lavoratori iper-qualificati e volenterosi, quando ti stai rivolgendo a tutt’altro segmento del mercato. Infine, i voucher. Il governo Gentiloni li ha sostanzialmente aboliti. Erano in vigore dal 2003 e garantivano assunzioni veloci proprio dei lavoratori stagionali. L’imprenditore non doveva recarsi presso alcun ufficio ed era a posto sul piano burocratico, fiscale e contributivo. La fine dei voucher ha coinciso con l’allungamento dei tempi di assunzione. Geniale. Poi è arrivato il reddito di cittadinanza. E questa è un’altra storia.

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