Lavorare per Apple, Ibm e Google, tanto per citare nomi noti, potrebbe essere il sogno proibito di tanti giovani, convinti che basti una laurea o un titolo brillante per entrare nel team di uno dei tanti colossi internazionali. La realtà sembra ben diversa a quanto pare. Questa tesi è sostenuta da Quartz, secondo cui nei processi di assunzione di questi giganti sono le competenze ad assumere maggiore rilevanza.

Zero titoli

In Italia siamo abituati a vedere annunci di lavoro a volte improbabili, lavori per cui obiettivamente non serve una laurea per cui si richiedono titoli su titoli, età limite molto bassa e dulcis in fundo esperienza.

Allora bisognerebbe prendere esempio da Apple, Ibm e Google, secondo cui le competenze contano più dei pezzi di carta e così sembrano dare una svolta al mondo del lavoro. Questo non significa che la laurea non serve più e nemmeno serve a mortificare chi sta studiando, come fa notare Maggie Stilwell, consulente di Ernst and Young “I titoli di studio accademici continueranno a essere presi in considerazione al momento di valutare un candidato, ma non saranno più un requisito fondamentale”.

Le aziende coinvolte

Insomma, se prima la prima cosa che si guardava era il titolo di studio, ora la rotta sembra andare verso la vera competenza. Se il profilo risulta in linea con quanto richiesto, a prescindere dalla laurea insomma, il candidato può concorrere ugualmente a quel posto di lavoro. Fine delle barriere e porte aperte a chi è privo del pezzo di carta ma quel lavoro sa farlo. E’ una realtà sicuramente americana questa, basti pensare che secondo Glassdor, le aziende che hanno deciso di badare alle competenze più che al titolo durante le assunzioni sono in netta crescita. Oltre ad Apple e Google, tra i colossi interessati anche Hilton, Starbucks, Ernst & Young, Nordstrom, Bank of America ed altri.

Un paragone con l’Italia

Per Google, ad esempio, è fondamentale la capacità e infatti nei processi di assunzione non sembra badare molto al curriculum scolastico quanto alla competenze tecniche, il grado di apprendimento, l’umiltà e altre caratteristiche da mostrare sul campo. La vicepresidente di IBM, Joanna Daley, ha raccontato a CNBC Make It che molti dei dipendenti di IBM sono senza laurea e che ad oggi tra le prime cose che si guardano c’è sicuramente la capacità di svolgere quel lavoro. La situazione americana però è molto lontana dalla nostra. Negli Usa il tasso di disoccupazione è bassissimo, il 3%, un fatto che cozza con il nostro sistema dove i disoccupati sono molti di più e inoltre il numero di laureati è più basso rispetto alla media europea.

 

Leggi anche: Lavoro e imprese, largo ai giovani?! No, grazie: over 50 al comando ma è boom di apprendisti