Ottenuta la nomina a premier e prestato giuramento, Giorgia Meloni già oggi potrebbe avere il suo primo incontro con un leader straniero a Roma. Emmanuel Macron sarà in visita ufficiale, ricevuto dal presidente Sergio Mattarella. Italia e Francia sono legati da quasi un anno dal Trattato del Quirinale, una sorta di patto rafforzato tra i due paesi da contrapporre a un altro patto siglato in precedenza dalla stessa Francia con la Germania: il famoso Trattato di Aquisgrana del 2019.

Francia e Italia contro austerità germanica

Tra Macron e Meloni non c’è stata ad oggi sintonia.

Per l’Eliseo, la neo-premier è vista come una sorta di Marine Le Pen d’Italia. Teme di sdoganare proprio la “dama nera” di Francia stringendo un’alleanza con il governo italiano. D’altra parte, Macron agli occhi di Meloni rappresenta quell’Europa “dei banchieri” lontana dalla sua visione. Ma il pragmatismo s’imporra ad entrambi i leader se non vorranno cedere ulteriori posizioni alla Germania dell’austerità fiscale.

Come si dice spesso “il nemico del mio nemico è mio amico”. E questo vale più che altrove in politica. Convergenze apparentemente sorprendenti hanno da sempre caratterizzato la storia mondiale. Basti pensare all’inedito asse tra Roosevelt, Churchill e Stalin in funzione anti-Hitler. Nessuno avrebbe immaginato che americani e sovietici si sarebbero seduti allo stesso tavolo per decidere la spartizione dell’Europa dopo la Seconda Guerra Mondiale.

Via solitaria della Germania sul caro bollette

Tornando all’oggi, Meloni e Macron hanno un obiettivo comune: contrastare o almeno limitare le politiche di austerità fiscale propinate dalla Germania. Berlino ha spiazzato tutti poche settimane fa, annunciando un piano di 200 miliardi di euro contro il caro bollette. Parigi non l’ha presa bene, meno che mai Roma. Italia e Francia temono che, in virtù della sua posizione fiscale più solida, il governo tedesco riesca a sottrarre la propria industria dalle grinfie dei rincari del gas.

In questo modo, competerebbe in netto vantaggio con le altre industrie europee, le quali godranno di sostegni molto meno generosi.

Al netto del contrasto al caro bollette, la fine della pandemia prospetta un ritorno alle ricette classiche tedesche impostate sull’austerità. Il cancelliere socialdemocratico Olaf Scholz non sembra volersi discostare granché dagli anni di Angela Merkel. Del resto, ne fu per un quadriennio il suo ministro delle Finanze. Nessuna rinuncia in vista al tetto al deficit del 3% rispetto al PIL. E neanche grande volontà di trattare sull’ammorbidimento della regola del 60% di rapporto debito/PIL.

Da superare diffidenze reciproche

Ma ormai la Francia viaggia a un rapporto debito/PIL verso il 115%, l’Italia del 145%. E se è vero che la crisi dell’energia è avvertita molto più nel nostro Paese, a causa della maggiore dipendenza dal gas russo, d’altra parte quest’anno la crescita del PIL francese è attesa più bassa del nostro +3,4%. Soprattutto, i tedeschi hanno costruito alleanze solide anche sul piano della politica monetaria con tutti gli stati dell’Europa Centrale, del Nord e dell’Est nell’Area Euro. E su tassi e stimoli monetari stanno riuscendo a imporre la loro visione.

Il peso politico di Macron stesso rischia di ridursi senza Mario Draghi a Palazzo Chigi. Con l’ex numero uno della BCE la sponda fu naturale per via delle vedute comuni sull’Europa. Diversa la situazione con Meloni. I due dovranno turarsi il naso già da oggi per mettere da parte le reciproche diffidenze nel nome della “realpolitik”. La lotta comune contro l’austerità germanica farà superare diversi muri che si sono creati già all’indomani delle elezioni italiane con dichiarazioni improvvide e inaccettabili di premier e ministri parigini. Ma da oggi si fa sul serio.

[email protected]