L’Unione Europea è intenzionata ad andare fino in fondo sulla transizione energetica. Il cosiddetto Green Deal prevede di raggiungere emissioni nette azzerate entro il 2050 e del 55% più basse rispetto al 1990 entro il 2030. Una strategia che punta a rendere il Vecchio Continente un’area a bassissimo impatto ambientale e all’avanguardia sulle politiche di contenimento del surriscaldamento globale.

Ma l’amministratore delegato di ENI, Claudio Descalzi, suona l’allarme. Partecipando al 55-esimo anniversario di Affari Internazionali, il manager italiano ha messo in guardia dallo spirito ideologico che starebbe dietro alla transizione energetica in Europa.

Premette che la UE risulta responsabile dell’8% delle emissioni inquinanti nel mondo contro il 15% degli USA e il 30% della Cina. E spiega che non avrebbe senso colpire l’industria europea per disinquinare l’ambiente, se le concorrenti non facessero altrettanto.

I costi della transizione energetica

Già oggi, continua, inquinare in Europa costa molto più di qualche anno fa. Il mercato degli Ets, dove si scambiano i diritti d’inquinare, attualmente prezza una tonnellata di CO2 a 60 euro contro i 20-25 euro di un anno fa. Presto, arriveremo a 100 euro, scommette Descalzi. E nota come questo boom dei costi stia già impattando sui prezzi di luce e gas, determinandone un aumento rispettivamente del 10% e del 15%. E Bruxelles vorrebbe rilasciare minori diritti d’inquinare, un fatto che farebbe esplodere ulteriormente i prezzi di una tonnellata di CO2, colpendo in maniera particolare le imprese ad alto consumo di energia.

Il manager vede il rischio che l’industria europea si delocalizzi del tutto verso le aree del pianeta in cui non sia prevista alcuna transizione energetica. Se accadesse, rimarca, non solo avremmo ucciso l’occupazione in Europa, ma non avremmo neppure contribuito ad abbattere i livelli di inquinamento. Senza l’industria europea, infatti, l’inquinamento nel mondo si abbasserebbe teoricamente solo dell’8%, ma nei fatti accadrebbe che le produzioni si sposterebbero laddove inquinerebbero di più.

Un buco nell’acqua, che secondo Descalzi richiede alla Commissione europea un approccio pragmatico e non ideologico al tema importantissimo.

La UE ha programmato emissioni di green bond per il 30% dell’importo stanziato con il Recovery Plan da 750 miliardi di euro. Il piano sottintende che in sei anni, i governi europei debbano presentare piani di sostenibilità ambientale per almeno circa 230 miliardi. Poiché all’Italia spetta la fetta più grossa della torta (191,5 miliardi tra sovvenzioni e prestiti), pro-quota dovremmo investire in progetti green tra 55 e 60 miliardi entro il 2026.

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