Il 22 agosto scorso, ENI ha annunciato la scoperta di un maxi-giacimento di gas al largo delle coste cipriote. Stando alle stime preliminari, la materia prima si trova nel pozzo esplorativo Cronos-1 a 160 km dalla costa e a una profondità di 2.267 metri per circa 2.500 miliardi di piedi cubici, qualcosa come 70 miliardi di metri cubi. Una notizia di estrema importanza in una fase in cui l’Europa sta cercando di allentare la dipendenza energetica dalla Russia. La quantità in sé è rilevante, sebbene di per sé insufficiente per renderci alla lunga autonomi da Mosca.

Essa corrisponde al 90% dei consumi di gas annui dell’Italia. Ad ogni modo, spiega la compagnia tricolore, la scoperta di gas nell’area potrebbe portare a ulteriori ritrovamenti futuri.

Scoperta di gas e caso Cipro

L’attività estrattiva partirebbe da qui a un anno e sarebbe per il 50% a beneficio di ENI e per l’altro 50% della francese Total. C’è un problema: Recep Tayyip Erdogan. Il “sultano” turco non vede di buon occhio la presenza delle due compagnie nel Mediterraneo orientale e, soprattutto, la Turchia rivendica sin dall’occupazione del 1974 il controllo dell’area settentrionale di Cipro.

Formalmente, il governo filo-turco di Nord-Nicosia non è riconosciuto dalla comunità internazionale. Ma questo ad Ankara non è mai importato. Il punto è che con le estrazioni non si possono rischiare tensioni geopolitiche in un’area già tesissima. D’altra parte è lo stesso Erdogan a temere di restare tagliato dal business, specie adesso che le sue posizioni morbide con la Russia hanno indisposto tutti gli alleati della NATO. E ancora prima gli USA avevano persino ventilato sanzioni per l’acquisto di missili S-400 da Mosca.

Ma Erdogan si rivela ogni giorno di più un leader spregiudicato, al limite della pazzia per chi deve interpretarne le mosse. Ed è così che nei giorni scorsi, dopo la scoperta di gas annunciata da ENI, ha virato a 180 gradi sul conflitto russo-ucraino, sostenendo che la Crimea debba essere restituita a Kiev.

Un modo palese per tornare nelle grazie di USA ed Europa, così da partecipare alla spartizione della torta in tema di estrazioni.

Erdogan spregiudicato senza limiti

Tuttavia, un cambio sostanziale di linea non appare così scontato e possibile. L’economia turca vive una fase di inflazione alle stelle. A luglio, è esplosa all’80%, mentre il cambio collassa senza sosta e le partite correnti sprofondano sempre più. La politica monetaria lassista imposta dal presidente alla banca centrale sta portando sul lastrico famiglie e imprese. Ciononostante, negli ultimi mesi stiamo assistendo a un aumento delle riserve valutarie lorde per 17 miliardi di dollari. Il trend non è certo giustificato da fattori macro, quanto ad accordi presi da Ankara con banche centrali del Golfo Persico e all’ingresso di capitali russi. La Turchia, infatti, non aderisce alle sanzioni occidentali contro gli oligarchi.

Insomma, è tutto da dimostrare se Erdogan sarà in grado di continuare a fare l’equilibrista tra una linea di vicinanza a paesi come Russia e Iran e la tenuta dell’alleanza con l’Occidente. Sta di fatto che con Israele ha riallacciato i contatti diplomatici e negli ultimi mesi si è riavvicinato a Emirati Arabi Uniti e Arabia Saudita. Un baratto continuo con questo e quel paese per fare della Turchia una potenza regionale senza posizioni precostituite e a difesa dell’interesse nazionale di volta in volta. Piaccia o meno, ENI dovrà fare i conti con Ankara. L’indipendenza energetica dell’Italia, anzi dell’intera Europa, passa anche per i capricci del sultano.

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