Il direttore generale dell’Organizzazione per il Commercio Mondiale (WTO), Pascal Lamy, ha dato il suo benvenuto al 157esimo membro, la Russia, che da oggi entra a pieno titolo nei liberi scambi commerciali del pianeta e porta al 97% l’ammontare degli scambi planetari regolati dal WTO. Dopo 18 anni di trattative estenuanti, quindi, e a distanza di poco più di venti anni dalla disgregazione ufficiale della ex Unione Sovietica, Mosca ha compiuto con oggi il passo decisivo per essere considerata a tutti gli effetti un’economia di mercato.

 

La Russia è pronta a ridurre i dazi

La conseguenza immediata di questo ingresso sarà la riduzione dei dazi doganali sulle importazioni. Mosca si è impegnata a portarli da una media del 10,3% al 7,1%, sebbene i russi abbiano ottenuto qualche concessione anche maggiore a quella ottenuta dagli altri partner. Anzitutto, restano in grossa parte i sussidi all’agricoltura, per un ammontare annuo massimo fino a 9 miliardi di dollari, cifra pressoché doppia a quella media consentita agli altri membri. Allo stesso tempo, il settore agricolo continuerà a beneficiare di una maggiore protezione, con dazi che saranno via via portati dall’attuale 15,6% all’11,3%. Eccezione anche per il campo automobilistico, i cui dazi dovrebbero essere abbassati quasi subito dall’attuale 30% al 25%, ma con l’impegno di arrivare almeno al 15%. L’adesione all’Organizzazione passa per una fase di transizione di sette anni, entro cui Mosca deve attuare le misure richieste. Gli analisti stimano da tempo che l’impatto di questo ingresso avrà benefici evidenti sull’economia russa, con una maggiore crescita annua del suo pil del 3% nel medio-breve termine e dell’11% nel lungo termine. Eppure, nonostante tale previsione, solo il 21% dei russi, stando ai sondaggi, sarebbe convinto che l’ingresso nel WTO possa portare loro più benefici che costi. Il timore è che l’economia nazionale resti priva di alcuna protezione, a tutto vantaggio dei concorrenti esteri.

Più in generale, molti cittadini ritengono che la Russia possa trasformarsi in una pura economia di esportazione di gas e petrolio. Tuttavia, un primissimo risultato lo si potrebbe già ottenere formalmente il 12 settembre, quando il Congresso USA dovrebbe essere costretto a rimuovere la cosiddetta “Jackson-Vanik Act”, ossia la legge del 1974, che gli americani introdussero come ritorsione contro le limitazioni russe all’emigrazione ebraica e che prevede limiti al commercio con Mosca. E i benefici, si calcola, potrebbero essere non soltanto in termini di volumi di interscambio, quanto pure sui prezzi interni più bassi, di cui i consumatori russi potrebbero godere per via dell’accresciuta concorrenza. Senza calcolare che anche lo stesso clima per gli investimenti verrà avvertito sin da subito più positivamente da parte dei mercati, visto che la Russia dovrà adesso sottostare alle regole di trasparenza dettate dal WTO e non potrà discriminare gli investimenti sulla base di criteri geo-politici. In ogni caso, le previsioni ci inducono a ritenere che non dovrebbe accadere oggi quanto avvenne nel 2001, quando a entrare nel WTO fu il gigante asiatico, la Cina, che con i suoi 1,35 miliardi di abitanti ha per sempre stravolto lo scenario economico e politico del pianeta e a suo favore. La Russia, infatti, non ha un potenziale produttivo simile a quello di Pechino, incentrando l’export più sulle materie prime di cui gode, più debole negli altri settori. Insomma, i benefici per l’Italia e gli altri stati della UE potrebbero stavolta essere più alti e immediati, grazie alla maggiore presumibile crescita delle loro esportazioni verso Mosca, rispetto alle importazioni da essa. Queste ultime dovrebbero registrare un trend anelastico, trattandosi per lo più di gas e petrolio. Sta di fatto che a undici anni di distanza dalla Cina, la Russia è il primo grande big ad entrare nel libero commercio mondiale.
Una grande opportunità per Mosca, ma anche per la confinante economia europea.