Il patto tra i “volenterosi” siglato nei giorni scorsi sul tema migranti tra Matteo Salvini, Horst Seehofer e Herbert Kickl, ministri dell’Interno rispettivamente di Italia, Germania e Austria ha reso nitide le divisioni in seno all’Europa e, soprattutto, all’interno dello stesso centro-destra nel Vecchio Continente, se è vero che le tensioni politiche sono esplose tra i conservatori tedeschi, portando a un millimetro dalla crisi di governo a Berlino. E che dire di Vienna, retta da un esecutivo tra popolari e destra euro-scettica, di cui i primi appartenenti al PPE della cancelliera Angela Merkel? Cosa ancora più anomala è quel premier ungherese Viktor Orban, considerato il padre degli euro-scettici sovranisti nella UE, ma il cui partito (Fidesz) fa parte anch’esso del PPE.

Come fanno a coesistere i fautori dell’europeismo merkeliano e quelli che propendono per una linea lepenista?

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Ad oggi, ragioni di opportunità politica hanno dissuaso i popolari di Strasburgo dal prendere le distanze da Orban e dal criticare il governo austriaco. Dalle prossime elezioni europee, che si terranno nel maggio del 2019, il quadro potrebbe evolversi in maniera ancora più propizio per i sovranisti. Salvini ha lanciato l’idea di una “Super Lega” europea, in grado di coalizzare tutti gli schieramenti sovranisti nella UE. L’idea è stata respinta proprio dal premier ungherese, che di uscire dal PPE non vuole sentirne. E proprio dall’esito delle elezioni dipenderà il futuro stesso del centro-destra “tradizionale”, quello ad oggi sostanzialmente in mano alla Merkel.

I sondaggi segnalerebbero una crisi acuta dei movimenti socialisti, ma anche i popolari rischiano di essere insidiati alla loro destra dagli euro-scettici, quelli che oggi fanno capo a Salvini in Italia, a Marine Le Pen in Francia, a Geert Wilders in Olanda, etc.

, e che dentro al PPE ha già trovato sponde nel cancelliere austriaco Sebastian Kurz, oltre che in Orban. Che cosa accadrebbe, se il prossimo Europarlamento vedrà l’ascesa dei sovranisti a discapito dei popolari, mentre il numero dei deputati seduti tra i banchi della sinistra continuerà a ridursi drammaticamente? A quel punto, non solo l’intesa quasi ormai patologica tra PPE e S&D potrebbe spezzarsi, ma rischierebbe persino di risultare numericamente insufficiente per nominare la prossima Commissione. Certo, ci sarebbe pur sempre il soccorso di Verdi e liberali a sbloccare l’eventuale impasse, ma il discorso è molto più politico: possibile mai reagire a una crisi storica del consenso con il matrimonio tra i perdenti? E se gli euro-scettici della nuova destra sovranista venissero finalmente riconosciuti quale parte integrante delle formazioni popolari?

La scalata sovranista al PPE

La scommessa di Salvini, che pure nega di volere entrare in questo PPE, sarebbe proprio questa: uscire dalle prossime urne quale l’Orban italiano, leader praticamente senza alternative nel campo moderato. A quel punto, partirebbe il corteggiamento di quanti sinora sperano ancora che nasca a Roma una figura in grado di contrastare nel centro-destra il ministro dell’Interno. In questa avventura, Salvini vorrebbe coinvolgere persino il Movimento 5 Stelle, che pare, tuttavia, essere destinato a compiere l’esatto tragitto opposto per ragioni di equilibrio politico sul piano nazionale. Le resistenze interne al PPE all’ingresso di un Salvini non mancherebbero, ma diverrebbero molto meno forti con una eventuale batosta elettorale subita dai popolari a vantaggio degli euro-scettici, anche perché la stella di Frau Merkel ha già iniziato da tempo a eclissarsi e alle prossime elezioni e, complice l’ascesa della destra sovranista tedesca, rischia definitivamente di spegnersi. Il leghista entrerebbe così nel PPE con l’ausilio di chi, come Orban e Kurz, vi è già dentro e confida proprio nel successo dell’italiano per scalare il partito.

Salvini da Pontida si è preso il centro-destra 

Figure controverse come la Le Pen potrebbero essere costrette a restare fuori ancora per diverso tempo, ma si consideri che la stessa leader nazionalista francese ha cambiato nome al suo Fronte Nazionale, ribattezzandolo “Raggruppamento Nazionale”, in modo da accreditarsi tra gli ambienti più moderati in patria. In vista forse anche di un riposizionamento a Strasburgo? Tutto ciò ad oggi appare quasi comico, ma la crisi d’identità delle formazioni tradizionali non autorizza a pensare che l’attuale assetto politico europeo rimanga uguale. Il PPE ingloberà e sarà persino guidato da forze più sovraniste, pur senza perdere la vocazione europeista, semplicemente mediandola con le istanze provenienti dal basso per ragioni di realismo. A sinistra, la notte sembra ancora molto buia, dato che non esiste una forza capace di rispondere alle richieste dei cittadini su temi fondamentali come immigrazione, globalizzazione e maggiore rispetto delle peculiarità nazionali. Ma il riposizionamento dei popolari indurrà lo stesso mondo socialista a ripensarsi.

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