Il ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, ha avvertito che, se l’Unione Europea non sarà capace di trovare una soluzione alla crisi energetica con l’imposizione di un tetto al prezzo del gas, da qui al mese di ottobre l’Italia dovrà fare da sé. Il ministro non ha suggerito un tetto nazionale, riconoscendo che, altrimenti, il nostro mercato diverrebbe non conveniente per i fornitori e sperimenteremmo un deficit di gas. Tuttavia, ha chiosato, si tratterebbe di acquistare il gas al prezzo di mercato e di rivenderlo a prezzi più bassi.

La differenza la coprirebbe lo stato, ma questo significherebbe chiaramente fare debiti.

Niente tetto al prezzo del gas in Europa

L’Europa ha paura di imporre un tetto al prezzo del gas, perché rischierebbe di ritrovarsi senza forniture russe. Gazprom ha minacciato esplicitamente di azzerarle nel caso in cui tale misura fosse adottata. E la cosa la dice lunga circa la volontà di Mosca di sfruttare la speculazione finanziaria sul mercato olandese per vendere il proprio gas, prodotto agli stessi costi pre-bellici, a prezzi nettamente superiori a quelli passati.

Ma uno dei crucci di queste settimane a Bruxelles riguarda i destinatari dell’eventuale tetto al prezzo del gas: solo la Russia o tutti? Se mettesse nel mirino solo i russi, questi avrebbero buone ragioni per argomentare che gli europei starebbero dribblando il libero mercato come ritorsione ad hoc contro di loro. D’altra parte, una misura “ergo omnes” rischierebbe di far rimanere l’Europa a corto di gas.

E nei giorni scorsi è arrivata in tal senso una dichiarazione del premier norvegese Jonas Gahr Store, il quale si è definito “scettico” sull’utilità di imporre un tetto al prezzo del gas. Lo stato scandinavo sta cercando di rimpiazzare la Russia quale principale fornitore di energia al Vecchio Continente e per quest’anno ha innalzato le esportazioni attese di gas a 122 miliardi di metri cubi (+8%), di cui quasi 90 miliardi verso gli stati dell’UE.

Oslo inciderà, quindi, per circa un quarto dei consumi stimati nell’area. Ma non sarà facile azzerare la dipendenza verso la Russia, che lo scorso anno ci vendette ben 155 miliardi di metri cubi di gas.

Boom di entrate da petrolio e gas in Norvegia

La Norvegia sta facendo grossi affari grazie alla crisi geopolitica. Per quest’anno lo stato si attende entrate da petrolio e gas per 933 miliardi di corone, quasi 100 miliardi di euro, dai 287,5 miliardi dello scorso anno. In pratica, ciascun cittadino norvegese avrà a disposizione qualcosa come 11.640 euro in più. Una enormità, che rimarca quanto la Norvegia riesca a sfruttare gli idrocarburi a sostegno della propria economia e, soprattutto, come non trarrebbe alcuna convenienza dall’assecondare le richieste europee di limitare il prezzo del gas.

Lo stesso ragionamento di Cingolani si scontra la realtà. Sulla base dei dati del 2021, l’Italia consuma circa 815 mln di mega-wattora all’anno. Agli attuali prezzi di mercato dei TTF intorno ai 200 euro, spenderemmo all’incirca 165 miliardi di euro. Se ponessimo un tetto al prezzo del gas a 100 euro, lo stato dovrebbe metterci di tasca propria sugli 80 miliardi, oltre 4 punti di PIL. L’Italia non dispone di tale margine di manovra fiscale, specie in una fase di rialzo dei tassi d’interesse. D’altra parte ha già stanziato 3,5 punti di PIL contro il caro bollette e il taglio delle accise, con i risultati scarsamente visibili che sappiamo. Urge intervenire, ma senza mandare allo scatafascio i conti pubblici. Senza una soluzione europea condivisa, se non è una missione impossibile, poco ci manca.

[email protected]