Si potrebbe, o, forse, si dovrebbe partire con il caso di Mafia Capitale: il maxi-processo ha portato a una condanna sicuramente importante, dalla quale però è stato estrapolato il reato di associazione mafiosa. Insomma, si è trattato di una banda di malviventi punto e basta. Il nodo, dunque, è capire cosa è mafia e quale caratterizzazione dare a questo termine.

Due possibilità: la prima è immaginare il mafioso con coppola e lupara (estetica vintage) o come un Totò Riina, che con la violenza e la sopraffazione, le stragi e le morti, riesce a imporre la propria presenza nei luoghi più importanti della vita pubblica e privata; la seconda è analizzare il fenomeno dal punto di vista economico, sociale, politico e culturale: il mafioso può dunque non essere siciliano, può non indossare la coppola, può non organizzare stragi, può andare in giro in doppio petto, essere laureato, una persona colta e, al limite, dall’amabile loquela, ma, allo stesso testo, può trasformare la vita economica e sociale del nostro paese.

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‘La lotta alla mafia non è una priorità’: come si evolve Cosa Nostra

Queste sono le parole di Claudio Fava, vicepresidente della commissione antimafia, figlio di un giornalista ucciso dalla mafia. Innanzitutto, due indicazioni sul clima che regna nel nostro paese: in primo luogo, l’attacco costante al reato di concorso esterno in associazione mafiosa, uno dei capi d’accusa più ‘odiati’ dalla politica nazionale e che potrebbe andare in contro a una vergognosa riforma; in secondo luogo, la chiusura delle istituzioni nei confronti di un fenomeno complesso, ma che si preferisce venga ridotto a un fenomeno di costume. Certo, ci si indigna per le violazioni ai busti raffiguranti Falcone e Borsellino in Sicilia; o anche si ritengono gli stessi Falcone e Borsellino due ‘eroi’, eppure cosa fa la politica?

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Altro che lotta alla mafia: come si evolve Cosa Nostra

Ebbene, il primo motivo fondamentale per cui non si fa nulla è di carattere allo stesso tempo culturale e economico-politico: culturale, perché non si vuole capire (si finge di non capire?) che il problema è molto più complesso e che non si tratta di una questione semplicemente ‘giudiziaria’; economico-politico, perché la Mafia si sta evolvendo e sta superando la fase dello stragismo, ritornando a un modo differente di concepire il rapporto con le istituzioni e la società civile.

La Mafia ha capito che è inutile dichiarare guerra allo Stato se la propria autonomia economica e politica, la propria capacità di gestire la vita pubblica in molte aree del paese, la capacità di istituire rapporti sempre più stretti con l’imprenditoria e in generale con il grande capitale italiano può funzionare benissimo e in maniera relativamente pacifica. Non si tratta semplicemente di criminali, ma di uomini che hanno le idee ben chiare su come funziona il rapporto tra politica e imprenditoria.

La lotta alla mafia non è una priorità, ed è assolutamente vero: la mafia (anzi, le mafie) hanno capito benissimo come funziona il nostro mondo e ne sono la rappresentazione più estrema e proprio per questo più chiara.