L’allarme è scattato da settimane e già martedì scorso si è tenuto un vertice dei 27 capi di stato e di governo dell’Unione Europea per trovare una soluzione alla crisi energetica in corso nel Vecchio Continente. Il 21-22 ottobre, l’incontro si terrà a Bruxelles, dove la Commissione cercherà di fare il punto sulla “guerra” del gas. La presidente Ursula von der Leyen ha elogiato la Norvegia per avere aumentato le forniture all’Europa, aggiungendo che “lo stesso non può dirsi della Russia” e sostenendo che il taglio delle esportazioni di Mosca sarebbe “un fattore chiave” della crisi.

Gazprom ha reagito stizzita, rispedendo al mittente le responsabilità. Per i russi, la crisi del gas in Europa dipende dalla confusa politica sulle energie rinnovabili. Fatto sta che i prezzi sono esplosi alle stelle e i governi temono di dover essere costretti a razionare i consumi nel caso di un inverno con temperature rigide. A quel punto, per non lasciare morire di freddo le famiglie in casa, a farne le spese sarebbero le imprese. Inevitabile il contraccolpo per l’economia, che si sta appena riprendendo dalla pandemia. Anzi, sembra che il rallentamento sia già in corso tra “colli di bottiglia” nella produzione di numerosi beni e boom per le quotazioni delle materie prime.

I numeri sono numeri, però. Secondo quelli forniti dalla stessa Gazprom, le esportazioni di gas verso l’Europa attraverso la Bielorussia sono crollate del 70% nella settimana al 3 ottobre scorso rispetto alla precedente. Le forniture sono scese da 112 a 30 milioni di metri cubi. La Russia starebbe mantenendo gli impegni a lungo termine, secondo Bruxelles, non quelli relativi alle consegne imminenti. La ragione di quest’azione da parte di Mosca sarebbe essenzialmente geo-politica.

La Russia gioca con le forniture di gas

La Russia sa di avere il coltello dalla parte del manico, dato che sul piano energetico l’Europa dipende dalle importazioni per oltre il 60% del suo fabbisogno.

Ma con l’occupazione della Crimea nel 2014, Mosca è sotto embargo da USA e UE. A questo motivo di frizione se ne aggiunge uno ancora più decisivo: Nord Stream 2. Trattasi di un gasdotto che parte dal territorio russo, attraversa il Mare del Nord e raggiunge la Germania. E’ stato ormai completato e clamorosamente il presidente Joe Biden ha dato l’ok ai tedeschi per lo sfruttamento dell’infrastruttura. Ma l’authority tedesca Bundesnetzagentur ha avvertito nei giorni scorsi Gazprom che potrebbe essere multata, qualora iniziasse a rifornire la Germania prima che questa abbia ricevuto le dovute autorizzazioni da parte dell’authority europea per la Concorrenza.

E questa è politica. La Commissione resta indecisa sul da farsi. Da un lato, è consapevole di avere bisogno del gas russo, dall’altro non intende mostrarsi debole verso quello che percepisce a tutti gli effetti come un suo “nemico”. Quale che fosse la decisione, sarebbe opinabile. Ma l’opzione che Bruxelles non può permettersi è l’indecisionismo. Temporeggiare con l’inverno alle porte è un suicidio da tutti i punti di vista. Peraltro, l’Europa possiede al momento scorte di gas pari solamente al 71% della capacità dei depositi di stoccaggio contro una media decennale del 92%. E con un inverno rigido, il dato crollerebbe ad appena il 4%. L’Italia è messa un po’ meglio, ma ciononostante risente dei rincari e deve importare l’80% del suo fabbisogno energetico. L’inverno sarà lungo e i governi pregano che almeno non sia freddo.

Mercoledì pomeriggio, la presa di posizione del presidente Vladimir Putin, che ha annunciato di voler stabilizzare il mercato dell’energia. Per tutta risposta, le quotazioni del gas sono precipitati sul mercato britannico e nel resto d’Europa rispetto ai massimi toccati nel corso della seduta.

Il Cremlino ha lasciato intendere che le forniture di Gazprom all’Europa potranno salire ai massimi storici. Un aiutino, che Bruxelles non potrà non ricambiare.

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