Alexis Tsipras aveva in mente sin dal suo arrivo al governo, alla fine del gennaio scorso, di portare la Grecia fuori dall’euro e di tornare alla dracma. Lo riporta il quotidiano ellenico To Vima, che ricostruisce una storia avvincente, anche se non si hanno prove della piena veridicità del racconto. Tutto nascerebbe con la vittoria di Syriza alle elezioni del 25 gennaio, quando diventato premier, Tsipras cerca di riposizionare la Grecia sullo scenario internazionale, avvicinandola alla Russia di Vladimir Putin e allontanandola dall’Europa filo-tedesca.

Sappiamo che si è speculato nei mesi scorsi su un possibile salvataggio di Atene ad opera di Mosca. E, in effetti, secondo To Vima, si sarebbe arrivati a un passo dall’operazione 2 settimane fa, in coincidenza con la celebrazione del referendum sul piano dei creditori. Stando al quotidiano, infatti, Tsipras chiese quella notte al Cremlino 10 miliardi di dollari, al fine di consentire alla Grecia di stampare dracme ed uscire così dall’euro. La logica di questa richiesta è chiara: senza riserve valutarie adeguate, non si può stampare una moneta propria, perché non si avrebbe la possibilità di scambiarla con le altre divise. Guarda caso, è proprio quello che la settimana scorsa ha dichiarato il premier greco ai suoi per convincerli a votare il piano “lacrime e sangue” dei creditori europei: “non possiamo tornare alla dracma, perché non abbiamo adeguate riserve”.   APPROFONDISCI – Alla Grecia altri 86 miliardi, ma Tsipras deve ingoiare una sconfitta totale  

Il niet di Putin

Alla richiesta, però, Putin avrebbe risposto picche, limitandosi a garantire l’anticipo dei 5 miliardi di dollari promessi per il passaggio del gasdotto South Stream in acque elleniche. Insomma, il Cremlino non ha sostenuto Atene nel momento decisivo e pare che una risposta negativa sia arrivata anche dalla Cina, che si sarebbe anch’essa rifiutata di finanziare i greci con la banca dei BRICS.

Del piano B, spiega il quotidiano, erano al corrente diversi ministri, come Yanis Varoufakis, Yanis Dragasakis, Panos Kammenos e Panagiotis Lafazanis. Anzi, proprio l’ex ministro delle Finanze si era fatto rappresentante del progetto alternativo all’euro. Tuttavia, quando la Russia “tradì” la Grecia, a Tsipras non è rimasto che licenziare Varoufakis e accettare una sconfitta umiliante oltre ogni immaginazione, dovendo accettare in toto le richieste più dure dei creditori europei. Per quanto la storia possa essere stata romanzata un pò da To Vima, essa spiegherebbe due fatti finora rimasti oscuri. Il primo riguarda il referendum: Tsipras non lo avrebbe convocato per perderlo, come si era immaginato fino ad oggi, ma per vincerlo e avere così un pretesto per uscire dall’euro, grazie all’aiuto dell’amico russo; secondariamente, le dimissioni di Varoufakis non sarebbero arrivate quale gesto espansivo verso l’Eurozona, ma perché si era rivelata fallita la manovra che il ministro aveva portato avanti fino a quel momento, ossia la ricerca del sostegno della Russia.    APPROFONDISCI – Grecia, Varoufakis: accordo a breve. E Putin chiama Tsipras: pronti i fondi per il gasdotto  

Perché Putin non ha aiutato Tsipras?

Detto ciò, ci chiediamo quale possa essere il motivo per cui Putin non abbia colto l’occasione per sostenere la Grecia, facendola uscire dall’orbita  geo-politica europea e occidentale (è membro della NATO), attirandola a sé. I retroscena possibili potrebbero essere diversi. Il Cremlino potrebbe avere messo sulla bilancia i costi e i benefici dell’operazione e i primi sarebbero stati valutati, a quel punto, superiori. Mosca avrebbe irritato non poco la UE, che avrebbe punito i russi sul caso Ucraina e attraverso l’estensione delle sanzioni finanziarie, già prorogate fino al prossimo gennaio. Gli USA, poi, l’avrebbero presa come un vero atto di guerra e ne sarebbe scaturito un confronto pericoloso.

In alternativa o a complemento di ciò, la Germania potrebbe avere stretto con la Russia un patto segreto di non belligeranza: Putin si sarebbe astenuto dall’aiutare Tsipras, che oltre tutto resta sempre un comunista, mentre in cambio avrebbe ottenuto un atteggiamento più morbido dei tedeschi sulle questioni geo-politiche di primaria importanza, come sull’Ucraina. I greci sono forse rimasti vittime di un gioco più grande di loro, della fiducia riposta verso la loro capacità di stravolgere gli equilibri internazionali e di scalfire il potere della Germania sul resto d’Europa. Il risultato è che oggi hanno dovuto accettare una sconfitta totale, mentre non è escluso nemmeno che un domani siano costretti ugualmente ad uscire dall’euro. Ma quando e se sarà, a gestire la Grexit saranno Bruxelles e Berlino.   APPROFONDISCI – Grecia, sanzioni contro aiuti: nel patto segreto tra Tsipras e Putin c’è anche la Cina?