Il governo tedesco della cancelliera Angela Merkel ha annunciato che stanzierà altri 3 miliardi per la gestione dell’assistenza ai profughi in fuga dalla Siria, che si vanno a sommare agli altri 3 miliardi già preventivati dal Bundestag per il 2016. La Germania spenderà, quindi, l’anno prossimo un quarto di punto del suo pil per affrontare l’emergenza immigrazione, dopo che la scorsa settimana Berlino ha aperto “illimitatamente” le sue frontiere ai profughi, unendosi nella decisione all’Austria. Ma il buon cuore dei tedeschi non è la principale spiegazione alla base del colpo di teatro di Frau Merkel, che fino a pochi giorni fa sembrava così restia ad accettare anche la semplice ripartizione delle quote dei clandestini giunti nei paesi della UE.

Alla base della scelta, politicamente coraggiosa, c’è dell’altro.

La crisi con l’Ungheria

La crisi dell’immigrazione clandestina è esplosa in tutto il suo dramma solo nelle ultime settimane, quando decine di migliaia di siriani, in fuga da un paese in guerra tra le milizie islamiste dell’Isis e quelle governative filo-Assad, hanno iniziato ad entrare illegalmente in Grecia, finendo per arrivare in Ungheria, attraverso la Serbia, dove il premier Viktor Orban ha fatto costruire un muro al confine per evitare un esodo di massa in direzione delle terre magiare e attirandosi così le critiche dei funzionari europei. Piaccia o meno, nonostante mesi di polemiche intense in Italia sull’indifferenza della UE verso gli sbarchi nelle coste siciliane, Orban è riuscito in pochi giorni ad ottenere da Bruxelles quello che il nostro paese non è stato in grado di strappare. Lo ha fatto alzando la voce e con un gesto eclatante e discutibile, come quello del muro, ma ha colpito nel segno, rimproverando all’egoismo della cancelliera la cattiva gestione del fenomeno sul piano europeo, minacciando la chiusura delle frontiere. Frau Merkel tutto è, tranne che un politico inesperto.

Ha capito che sulla questione molto sensibile, Berlino rischiava di perdere un prezioso alleato nell’Est Europa, proprio l’Ungheria di Orban, che ad oggi rientra nell’orbita degli stati con intensi rapporti economici e politici con la Germania.

Rischio collasso area Schengen

Il secondo motivo per cui i tedeschi hanno aperto le frontiere ai siriani sta nella volontà di impedire il collasso dell’area Schengen, ossia delle regole sulla libera circolazione delle persone. Schengen è stato messo in discussione da diversi paesi, persino da chi, come il Regno Unito, non ne fa parte. La Francia, che pure a parole difende strenuamente la libera circolazione, ha per giorni chiuso  le sue frontiere con l’Italia, al fine di impedire l’afflusso di clandestini nel suo territorio. La fine di Schengen sarebbe un colpo durissimo alla UE e, di conseguenza, all’Europa a guida tedesca. Terzo elemento di riflessione: con l’accoglienza illimitata dei profughi siriani, la Germania ha giocato d’anticipo sulle richieste di redistribuire i clandestini tra i membri della UE. Con questa mossa, chi mai potrà adesso pretendere che Berlino si accolli altri immigrati, quando ha appena dimostrato abbondantemente la sua “generosità”? Accogliendo i siriani, i tedeschi hanno nei fatti aperto le frontiere a persone in fuga da una guerra, non dalla miseria, trovandosi in casa migliaia di cittadini mediamente bene istruiti, spesso laureati, quindi, più integrabili e meno inclini alla criminalità, mentre agli altri paesi non resterà che ricevere i flussi dei disperati per fame, mediamente poco o per nulla istruiti, ossia lavoratori “low-skilled” e più a rischio di divenire preda delle organizzazioni criminali europee. In sostanza, la Germania si è scelta ad hoc chi accogliere e ha optato per gli immigrati meno difficili.

La Germania si rifà l’immagine all’estero e mette le mani sulla Siria

C’è un altro fattore che ci aiuta a capire la mossa tedesca.

Con la gestione della crisi dei debiti sovrani e, in particolare, con la diatriba con la Grecia, i tedeschi hanno offerto un’immagine negativa all’estero, a torto o a ragione, mostrandosi egoisti e prestando il fianco a chi li accusa di volere egemonizzare l’Europa sui loro valori, di volere “germanizzare” la UE. Subito dopo la firma del terzo salvataggio della Grecia, scriveva così Der Spiegel: “per ogni euro risparmiato, la Germania ne dovrà spendere 3 per riparare al danno d’immagine derivante da questa vicenda”. Invece, sono bastati 3 miliardi aggiuntivi al budget federale per silenziare le voci anti-tedesche dentro e fuori l’Europa, perché difficilmente oggi si potrà gridare all’egoismo teutonico, quando Berlino ha spalancato le sue porte alle anime in fuga da un sanguinoso conflitto. Non ultimo, la Germania mette adesso le mani sulla Siria, ovvero su un’area geo-politicamente importantissima, oggetto degli appetiti di Russia e Iran da una parte e di USA e Regno Unito dall’altra. La Merkel potrà farsi valere nei confronti della Casa Bianca, che ha lasciato più o meno scoperto quest’area, dubbiosa su come intervenire contro l’Isis senza sostenere il regime di Bashir al-Assad. Il senso di riconoscenza che decine di migliaia di siriani  – accolti in Germania tra gli applausi e l’intonazione dell’inno europeo  – nutriranno verso i tedeschi, li spingeranno a guardare a Berlino quale futuro riferimento nella fase post-bellica. Così come con l’Ucraina, la Germania giocherà anche nel Mediterraneo una partita decisiva per estendere la sua influenza, proponendosi come interlocutore della Russia e “alleato” autonomo e forte degli USA.