Gli ultimi segnali in arrivo dal mondo dell’industria in Italia non sono stati positivi. La produzione è diminuita del 2,3% a gennaio di quest’anno rispetto al mese precedente, risultando in calo su base annua dello 0,5%. L’industria è stata la grande vittima della crisi dell’ultimo decennio, non sono nel nostro paese, ma da noi il tracollo ha assunto proporzioni preoccupanti. Studiando la serie storica dei dati OCSE, fatto 100 il livello di produzione industriale in Italia nel primo trimestre 2010, scopriamo che rispetto a 10 anni fa, la discesa è stata del 20%.

Vero è che negli ultimi anni si registra una ripresa, ma essa si mostra troppo debole (+1,6% nell’intero 2016) per fare sperare in un recupero dei livelli perduti in un arco di tempo accettabile.

La Spagna, ad esempio, ha registrato un tonfo della sua produzione industriale del 25% rispetto al primo trimestre 2007, ma dal terzo trimestre del 2014 all’ultimo dello scorso anno, ovvero in 27 mesi, ha segnato una crescita dell’8,5%, doppia rispetto alla nostra. (Leggi anche: Economia italiana, ripresa lontanissima)

Deindustrializzazione anche negli USA

Tra le altre grandi economie, anche la Francia ha accusato il colpo, segnando -12% in meno di 10 anni. E anche Parigi segnala una scarsa capacità di recupero, dato che tra alti e bassi, i livelli di output appaiono stagnanti da almeno tre anni. Di tenore opposto l’andamento della Germania, che pur avendo perso tra l’inizio del 2007 e la metà del 2009 oltre il 18% dei suoi livelli produttivi, mostrando un crollo verticale più accentuato che altrove, adesso può già vantare un bilancio positivo del 5% nel decennio, avendo la locomotiva tedesca recuperato più di quanto non avesse perso.

In generale, l’Eurozona ha ceduto il 3,5% nello stesso periodo, ma in ripresa ormai da quattro anni, sebbene a questi ritmi serviranno un paio di anni ancora all’area per tornare e superare i livelli di inizio 2007.

A titolo di confronto, gli USA hanno fatto un po’ peggio, perdendo in 10 anni oltre il 4% di produzione industriale. Fino alla metà del 2009, il crollo fu del 20%, da allora è seguito un recupero dell’80%, meno pronunciato che in Germania e tale da fare rimanere il bilancio in passivo. (Leggi anche: Trump contro euro debole della Germania)

Si salva solo la Germania

Infine, del tutto simile l’andamento del Regno Unito, che segna oggi un -4% rispetto a dieci anni fa, confermando forse come Brexit e Donald Trump siano stati le risposte dell’elettorato ai rispettivi governi per la deindustrializzazione in atto e che starebbe spostando le direttrici delle crescita verso i servizi a ritmi crescenti. In tutto questo marasma di cifre si salva solo la Germania, che macinando esportazioni su esportazioni, è riuscita a migliorare sé stessa, superando l’ostacolo della debole domanda interna e rilanciando la propria economia. (Leggi anche: Export Germania da record)