A gennaio, l’ISTAT ha trovato che il saldo della bilancia commerciale italiana è crollato a -5,05 miliardi di euro, che si raffronta con l’avanzo di 1,58 miliardi del gennaio 2021. Le esportazioni sono aumentate su base annua del 22,6%, ma le importazioni ancora più marcatamente: +44,5%. E’ evidente come su questi dati abbiano inciso le variazioni dei prezzi: +17,9% per i beni d’importazione. E poiché il boom riguarda particolarmente i prodotti energetici, il deficit registrato a proposito del loro interscambio con l’estero è aumentato da 2,3 a 6,4 miliardi di euro nel raffronto tra gennaio 2022 e gennaio 2021.

Per l’Italia, la bilancia commerciale esita il saldo peggiore da una decina di anni a questa parte. Se c’è un aspetto macro apprezzabile della nostra economia negli ultimi anni, questo è proprio il nostro export. Pensate che il saldo risulta positivo sin dal 2012 senza interruzione. Nel decennio passato, è stato complessivamente in avanzo di poco meno di 430 miliardi. L’apice è stato toccato nel 2020, quando l’attivo toccò i 63,3 miliardi, pari al 3,8% del PIL.

La bilancia commerciale ha tenuto a galla l’economia italiana nel suo decennio peggiore. In media, ha esitato un attivo pari al 3% del PIL, quando la domanda aggregata interna ristagnava o si contraeva. E dire che gennaio è stato nulla rispetto a febbraio e, soprattutto, a marzo. I prezzi di petrolio e gas sono esplosi proprio nelle ultime settimane, specie in coincidenza con lo scoppio della guerra in Ucraina. Ciò paventa un saldo ancora più negativo nell’interscambio con l’estero e, a meno di una improbabile compensazione da parte dei consumi interni, il PIL sembra così destinato a cadere in recessione.

Bilancia commerciale in forte attivo fino al 2021

L’aspetto più negativamente sbalorditivo consiste nel fatto che anche al netto dell’interscambio dei prodotti energetici, l’avanzo commerciale italiano crolla in un anno da 3,9 a 1,4 miliardi.

E tutto questo con un cambio euro-dollaro ai minimi da inizio pandemia e ai livelli della primavera del 2017. La bilancia commerciale in Italia iniziò a macinare successi dal 2012 per due ragioni: l’euro s’indebolì sempre più con la svolta monetaria accomodante della BCE, passando da un cambio contro il dollaro di 1,60 nel 2008 a 1,05 nel 2017; le importazioni diminuirono in rapporto al PIL, risentendo delle politiche di austerità fiscale con annessi contraccolpi ai consumi.

Ma il cambio euro-dollaro, che incide per grossa parte delle nostre esportazioni (la metà dell’avanzo commerciale italiano matura negli USA), sembra destinato a rafforzarsi nei prossimi anni, man mano che la BCE alzerà i tassi d’interesse. Ciò implica un rischio ancora maggiore per la nostra bilancia commerciale, nel caso in cui i prezzi delle materie prime non si sgonfiassero. L’economia italiana frenerebbe di brutto, tornando alla stagnazione secolare pre-Covid. Nel frattempo, la sostenibilità del debito pubblico italiano stesso verrebbe meno. E non solo per l’assenza di crescita, quanto anche per il calo delle partite correnti (saldo commerciale + finanziario), che i mercati tengono d’occhio per valutare la posizione di uno stato verso il resto del mondo. Se il dato di gennaio fosse replicato nei rimanenti 11 mesi dell’anno, il saldo della bilancia commerciale italiana sarebbe del -3% rispetto al PIL. E l’economia entrerebbe quasi certamente in recessione.

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