La portaerei USA, Carl Vinson, si è avvicinata da giorni alle acque della Corea del Nord, ufficialmente per esercitazioni congiunte con la marina militare della Corea del Sud, ma a Pyongyang non vi sono dubbi: l’America di Donald Trump cerca lo scontro, al quale il regime del giovane dittatore Kim Jong-Un è pronto a rispondere, anche al costo di scatenare una “guerra nucleare”. Mai era stata pronunciata una simile minaccia sinora, nemmeno ai tempi più inquieti della Guerra Fredda, quando gli arsenali atomici erano pur sempre nelle mani di potenze mondiali tra loro nemiche, ma “lucide”.

Il più giovane capo di stato al mondo, al potere sin dal dicembre del 2011, quando è succeduto alla morte improvvisa del padre Kim Jong-Il, rappresenta la terza generazione dei Kim, la cui ascesa politica può essere fatta risalire al 1948, quando il nonno Kim Il-Sung divenne presidente della Repubblica Popolare della Corea del Nord, stato nato dalla divisione delle Coree in due sfere di influenza: quella settentrionale, al confine con la Cina e di impronta comunista; quella meridionale, politicamente vicina agli USA e fondata su un sistema democratico e capitalista. A proposito: ancora oggi Jong-Il è ufficialmente presidente “eterno” del paese e la sua figura viene fatta venerare dallo stato al pari di quella di un Dio, mescolando religione e ideologia comunista. (Leggi anche: Il regime di Kim Jong-Un lancia un altro missile, ma la Corea del Nord rischia il collasso)

Economia nordcoreana allo stremo

Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, leggendo le dichiarazioni farneticanti del dittatore nordcoreano, si tratta di una personalità tutt’altro che priva di cultura. Nato verosimilmente nei primi giorni del 1984 (la data di nascita è un mistero e solo ricavata da varie interpretazioni), Jong-Un ha studiato alla Scuola Inglese Internazionale di Berna e conoscerebbe bene l’inglese, il francese, il tedesco, oltre che chiaramente il coreano.

Possiede due lauree: una in fisica e l’altra presa all’Accademia militare Kim Il-Sung.

Discendente di una dinastia politica comunista, sarebbe amante del lusso, come dimostrerebbero anche le immagini riprese dal satellite, che a fronte di un territorio nordcoreano totalmente al buio, sarebbero in grado di captare le luci della mega-villa in cui risiede l’uomo, dotata di piscina e priva sostanzialmente di nulla. Eppure, i 25 milioni di abitanti della Corea del Nord vivono ancora oggi in condizioni spaventose e il 40% di loro sarebbe denutrito, mentre circa il 70% sopravvivrebbe solo grazie al cibo razionato distribuito dalle autorità pubbliche. Secondo l’ONU, poi, 3,5 milioni di persone non avrebbero nemmeno accesso all’acqua potabile. (Leggi anche: Nord Corea, economia in ginocchio senza Cina)

Nessun progresso sotto Jong-Un

Il paese è anche conosciuto con l’aggettivo “eremita”, perché nei fatti è chiuso al resto del mondo, privo di contatti diplomatici con chicchessia, oltre che di relazioni commerciali e finanziarie, se non con la Cina, verso la quale esporta il 90% del totale dei beni venduti all’estero, in gran parte carbone, contro cui è stato disposto da Pechino un embargo dalla fine di febbraio, ma che solo l’altro ieri avrebbe assunto le sembianze di sanzioni effettive, su pressioni della Casa Bianca. (Leggi anche: Cina rispedisce carbone in Corea del Nord)

Quando quasi 5 anni e mezzo fa, Jong-Un arrivò al potere, dopo 17 anni di presidenza del padre, il mondo era sia timoroso per l’assenza di esperienza politica del giovane, allora nemmeno 28-enne, sia speranzoso per la possibilità di aprire un nuovo capitolo nelle relazioni con Pyongyang, auspicando una svolta aperturista. Ci vollero pochi mesi per capire di che pasta fosse fatto il dittatore, che alla spietatezza tipica del regime comunista nordcoreano, ispirato al più feroce stalinismo sovietico, ha apportato anche i tratti della sua stravaganza caratteriale.

Un regime sanguinario e spietato

Sin dalla sua nomina alla presidenza, si sono susseguite voci su alcune sue presunte azioni criminali, come l’uccisione dello zio, accusato di tradimento, fatto sbranare da 100 cani lasciati affamati da 3 giorni; o come l’esecuzione a morte della ex fidanzata attrice per “pornografia”; o di recente, un ufficiale dell’esercito sarebbe stato ucciso a cannonate per avere sbadigliato in pubblico e alla presenza del dittatore. Diversi analisti ritengono che alcune di queste voci (per fortuna) sarebbero volutamente esagerate e veicolate dallo stesso regime per incutere terrore contro i possibili oppositori interni. Detto ciò, sarebbero almeno 300 i militari eliminati sotto Jong-Un per sospetto tradimento. E basta un nonnulla per potere essere accusati di un simile atto. Peraltro, USA e Corea del Sud sostengono che dietro alla morte del fratellastro del dittatore, tale Kim Jong-Nam, avvenuta poche settimane fa in Malaysia, ci sarebbe proprio il presidente nordcoreano. Jong-Nam aveva espresso opinioni critiche verso il regime eremita.

I test nucleari, con frequenti lanci di missili in direzione del Giappone e in aperta violazione degli accordi internazionali, hanno sin da subito destato preoccupazione per le tensioni geo-politiche alimentate nell’Asia nord-orientale. La stessa Cina, per quanto alleata di Pyongyang, è diventata sempre più imbarazzata, ma al regime non ha ad oggi ricercato alternative, temendo che la scomparsa della dinastia dei Kim al potere possa coincidere con la riunificazione delle Coree e/o con l’ascesa al potere di una dirigenza filo-americana, ritrovandosi sostanzialmente un nemico ai propri confini. (Leggi anche: Nord Corea indagata da Fbi per maxi-furto alla Fed)

Jong-Un scatenerà una guerra nucleare?

Nonostante l’economia arretrata, il regime impiega il 20% del pil per le spese militari, la percentuale più alta al mondo. Tempo fa, fece notizia tra i media occidentale il divieto imposto da Jong-Un di vendere e consumare snack, dopo che si era scoperto che molti lavoratori, pagati con le merendine in alcune aree del paese dove vige una timida apertura al capitalismo, le avrebbero rivendute per monetizzare almeno parte del loro lavoro, ma contravvenendo così alle leggi nazionali.

Negli anni Novanta, il padre aveva fatto di peggio: per stroncare qualsivoglia possibilità degli abitanti di scambiarsi beni e servizi sul mercato nero, dispose il ritiro della moneta in circolazione e l’emissione di un nuovo won. L’obiettivo fu quello di rendere inutilizzabile l’eventuale moneta in mano agli “speculatori”, i quali non potendola presentare in banca per scambiarla con quella di nuova emissione, di fatto dovettero rassegnarsi a perdere tutto. Furono gli anni di un milione di morti per carestia. Il sistema agricolo del paese è così arretrato e gli scambi con l’estero così minimi, che bastò allora una cattiva annata per il raccolto per disseminare la fame nei villaggi.

Davvero Jong-Un sarà in grado di scatenare una guerra nucleare? Il dittatore è in sé poco rassicurante, ma la Cina ha minacciato ieri di essere pronta persino a intervenire militarmente, nel caso Pyongyang travalicasse la “linea rossa”. Poche ore prima, Trump twittava di avere garantito a Pechino “un accordo commerciale molto più favorevole”, se questa lo aiuterà a sbarazzarsi delle stravaganze pericolose di Jong-Un. Dunque, la posta in gioco è troppo alta per consentire a un regime sanguinario, sadico e fuori controllo di minacciare gli equilibri geo-politici del pianeta. Le navi americane non si trovano lì per attaccare la Corea del Nord come prima opzione, ma per spronare il presidente cinese Xi Jinping di darsi una mossa e di fare quel che si deve per fermare l’alleato. La pazienza di Trump è finita e adesso la palla è tutta nel campo cinese. (Leggi anche: Vertice tra USA e Cina, che hanno deciso Trump e Jinping? e Dalla guerra commerciale USA-Cina al grande accordo di Trump a danno di Putin?)