A dicembre, il tasso d’inflazione in Venezuela ha sfiorato il 9.600%, secondo i dati pubblicati dalla banca centrale. Per il Congresso, in maggioranza nelle mani delle opposizioni, sarebbe stato meno del 7.400%. Ad ogni modo, rispetto ai livelli di inizio 2019, quando i prezzi crebbero fin quasi del 35.000% su base annua, la decelerazione è evidente. Nell’intero anno passato, l’inflazione si è attestata all’incirca al 19.900%, che si confronta con il 65.374% del 2018. L’iperinflazione è stata finalmente battuta, sebbene parliamo di livelli di crescita dei prezzi ancora esorbitanti.

Avrebbe contribuito a migliorare la situazione la maggiore diffusione dei dollari nel paese sudamericano. Fonti bancarie anonime hanno riferito alla stampa estera che nel 2019 avrebbero fatto ingresso qualcosa come 1,8 miliardi di dollari, perlopiù grazie alle rimesse degli emigranti. Negli ultimi 5 anni, risultano essere espatriate ben 4,7 milioni di persone, alla ricerca di una vita normale nel resto perlopiù dell’America Latina. Se il fenomeno da un lato segnala la gravità della crisi venezuelana – seconda al mondo solo alla Siria -, dall’altro consente al governo di occuparsi di minori bocche da sfamare e in più, una volta andati all’estero, molti mandano a casa i dollari necessari per provvedere alla sussistenza delle famiglie.

Le banche non possono accendere conti correnti in valute straniere e l’America ha comminato sanzioni al Venezuela, tali per cui il paese non ha accesso alla sua valuta, esclusa così dal circuito finanziario internazionale. Tuttavia, gli istituti stanno offrendo da un anno a questa parte, e in misura crescente, servizi di deposito per consentire ai commercianti, in particolare, di mettere al sicuro i dollari senza passare per i canali ufficiali, di per sé preclusi. Il governo finge di non vedere, ma intuisce quanto questo stratagemma stia impattando positivamente sull’economia. I dollari depositati nelle cassette di sicurezza sarebbero appena un decimo del totale circolante nel paese.

Il resto verrebbe conservato sotto il classico materasso o in luoghi considerati sicuri, per quanto spesso improvvisati.

Dollari sotto il materasso in Venezuela e le banche aggirano i divieti del governo

I dollari aiutano l’economia

Sta di fatto che le grandi catene dei supermercati effettuano almeno una transazione su tre in dollari o euro. Il riferimento alle valute forte sta erodendo meno velocemente il potere di acquisto, mentre i bolivares sono collassati a valori nulli. Tutta l’enorme quantità di banconote e monete in valuta locale circolanti equivalgono ad appena 43 milioni di dollari. Il problema è semmai che nulla sia stato codificato. Formalmente, il governo “chavista” rifiuta l’uso dei dollari per effettuare pagamenti interni, per quanto lo auspichi. Nei mesi scorsi, il presidente Nicolas Maduro si è fatto sfuggire in diretta TV un laconico “grazie a Dio che ci sono i dollari”.

Ma la tolleranza di per sé non rassicura nessuno. I negozianti rimangono spaventati dai blitz degli agenti di controllo dei prezzi, i quali intimano loro di ridurre i margini di profitto e si accertano spesso che i pagamenti vengano accettati solamente in bolivares. L’assenza di certezze giuridiche continua a costituire un limite al miglioramento delle tragiche condizioni economiche nazionali. Il pil quest’anno crollerà per il settimo anno consecutivo, pur meno dello scorso anno. Nell’ultimo quinquennio, la produzione di petrolio si è ridotta a un terzo, pari ad appena 800 mila barili al giorno. Ormai, l’imperativo sembra essere quello di non accelerare la corsa verso il basso. I migranti stanno dando una mano, con rimesse attese entro quest’anno da Ecoanalitica a 4 miliardi di dollari. La crisi la stanno combattendo le sue vittime. Il governo si sta limitando a voltarsi dall’altra parte.

Pagamenti in dollari e Bitcoin minati senza internet, il Venezuela si arrangia

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