Abbiamo intervistato l’Onorevole Daniele Capezzone, che ringraziamo sentitamente, sull’attualità economica. Di seguito le 10 domande sui temi clou di questi mesi da parte del già presidente della Commissione Attività Produttive (2006-2007) e delle Finanze (2013-2015) della Camera:

 

1) Onorevole Capezzone, l’Istat ha confermato l’arresto della crescita nel secondo trimestre e ha anticipato una debolezza anche per i prossimi mesi. In pratica, la ripresa si starebbe spegnendo. Come valuta questi segnali? Ritiene che occorra una manovra correttiva dei conti pubblici?

Siamo dinanzi all’ennesima prova di inconsistenza da parte di Renzi.

 Forse, infatti, non si è compreso bene a che punto sia la notte italiana. L’anno scorso, il 2015, il computo del Pil si è chiuso con uno stentatissimo 0,8%. Alla fine di quest’anno 2016, realisticamente, oscilleremo ancora tra lo 0,7 e lo 0,8 (ma il secondo trimestre, come sappiamo, si è fermato allo zero assoluto: blocco totale, stagnazione lampante). Aveva detto Renzi: quando l’Italia torna a correre, non ce n’è più per nessuno. Peccato che l’anno passato si sia chiuso con l’Italia in gara con Grecia e Finlandia per la “maglia nera” del paese meno cresciuto nell’Ue. Non dimentichiamo che Renzi, quando è andato al potere (non votato da alcuno) all’inizio del 2014, poteva usufruire di condizioni esterne letteralmente “magiche”: l’avvio del Quantitative Easing, il crollo del petrolio, la svalutazione dell’euro, l’assenza della minaccia terroristica. Anziché concentrarsi sull’economia, ha impantanato il paese a discutere per un anno e mezzo di Italicum e Senato. Morale: un’altra occasione perduta (era successo pure al centrodestra), e Italia ancora intrappolata nella non crescita.

2) Il governo Renzi ha reagito sia al rallentamento economico, sia alla tragedia del sisma, invocando maggiore flessibilità fiscale con la Commissione europea. Ritiene che sia questa la strada da percorrere o Lei suggerisce una via alternativa?

Renzi ha per due volte respinto le nostre “contromanovre”, presentate come Conservatori e Riformisti con emendamenti tecnicamente ammessi (quindi erano praticabili: ma lui non ha voluto approvarli) per un taglio choc di 48 miliardi di tasse e spesa.

E invece, secondo le indiscrezioni, come sarebbe composta la nuova manovra di Renzi? Secondo le anticipazioni che leggiamo, complessivamente sarebbe un intervento da 25 miliardi: ma già 15 sono mangiati dalla necessità di disinnescare le clausole di salvaguardia inserite in passato dallo stesso Renzi, e a questo fine il Governo punta su – appunto – una quindicina di miliardi di flessibilità europea. E i tagli fiscali? Da quanto si capisce, ci sarebbe un taglietto Ires da 3 miliardi, più qualche caramella (vai con la spesa pubblica!) su pensioni minime e altro. Quindi l’ennesima operazione da “zero virgola” e soprattutto l’ennesima operazione in deficit. Se Renzi fa questo, conferma gli errori del passato.

Noi invece riproporremo la nostra manovra choc (uno dei quattro punti del programma di lancio della Convenzione Blu annunciata per il 22 ottobre prossimo dai Conservatori e Riformisti con Raffaele Fitto). Lo faremo – davvero – non in spirito di fazione e di partigianeria: ma con il dolore di non essere stati capiti e seguiti da due anni.

Ricordo (da qui a ottobre ci torneremo, con numeri e dettagli: as usual) la supersintesi delle nostre proposte. Con la nostra manovra choc, colpiremmo:

  1. le municipalizzate (terreno di caccia dei partiti, oltre che caso ormai evidente di residuo socialismo reale);
  2. gli sprechi delle Regioni (l’ente più inefficiente e corrotto);
  3. gli acquisti della Pa, fonte di sperperi e appalti opachi;
  4. e introduciamo per davvero i costi standard nella sanità.

Con questi tagli di spesa, finanzieremmo 48 miliardi di tagli di tasse (3 punti di Pil!!!!), di cui 24 già il primo anno. Solo con questo ordine di grandezze si può riprendere a correre.

[tweet_box design=”box_09″ float=”none”]#Capezzone: #Renzi ha sprecato occasione per #ripresaeconomia[/tweet_box]

 

 

 

 3) Il Regno Unito sta per uscire dalla UE, dopo avere indetto un referendum a giugno. Lei ritiene che l’Italia dovrebbe fare lo stesso per decidere se restare nell’Eurozona, come chiede il Movimento 5 Stelle? In altre parole, pensa che l’euro sia o no un fattore di debolezza per la nostra economia?

Serve un piano b, questo è evidente. Ma non possiamo permetterci nemmeno di fare salti nel buio. Purtroppo, noi non siamo l’Inghilterra: abbiamo il terzo debito pubblico del mondo. Ecco perché la cosa da fare era sostenere un anno fa la rinegoziazione inglese, e ora promuovere una nuova rinegoziazione per l’Europa continentale, chiedendo non uno “zero virgola” di flessibilità, ma un cambiamento radicale in Europa. Non uniformità fiscale, ma competizione fiscale (quindi, incentivo a una sfida in positivo a chi riduce di più le tasse per attrarre risorse e investimenti); non un superstato europeo, ma più spazio alla diversità delle soluzioni…

4) Passiamo a un tema clou di questi mesi: la crisi delle banche. I nostri istituti hanno perso in borsa quest’anno circa la metà del loro valore. Alla base delle tensioni finanziarie c’è quella montagna di crediti deteriorati da 360 miliardi lordi. Come pensa che possa essere affrontato il problema in maniera risolutiva? Ci sono stati tentennamenti negli anni passati da parte dei governi, compreso quello di cui era un illustre esponente fino alla fine del 2011?

Anche qui, noi avevamo proposto in Parlamento, con i miei colleghi Conservatori e Riformisti, soluzioni ragionevoli, ma siamo stati costantemente inascoltati.

  1. avevamo chiesto un serio percorso di preparazione al bail-in, pur essendo da liberali contrari al bail-out, cioè ai vecchi salvataggi di stato a spese dei contribuenti;
  2. avevamo chiesto una grande campagna di informazione a favore di investitori e risparmiatori, affinché potessero valutare di differenziare i loro risparmi e di non mettere tutte le uova in un solo paniere…
  3. avevamo chiesto un confronto più duro con l’Europa per usare il Fondo interbancario di tutela dei depositi (quindi denaro privato) all’epoca della crisi delle prime quattro banche;
  4. avevamo spiegato che tutte le cose fatte finora (fondo Atlante, eccetera) erano “cerotti” insufficienti.

Non ci hanno dato retta, ci hanno detto no su tutto da due anni. In un nostro recente convegno con Natale D’Amico, Lamberto Dini e Alberto Mingardi, abbiamo indicato una soluzione seria, strutturale, duratura: il ricorso all’ESM, programma di assistenza (cosiddetto fondo salvastati) che ha una dotazione enorme. In Spagna ha funzionato: e non mi pare che quel Paese abbia subito una condizionalità maggiore di quella che verrà all’Italia dalle cose, da una fragilità pericolosa – e alla lunga letale – alla quale resteremo appesi inevitabilmente…

5) Il caso MPS è il più problematico. Il governo vorrebbe sostenere più o meno direttamente il maxi-aumento di capitale da 5 miliardi, cifra spropositata per le attuali dimensioni in borsa dell’istituto. Se lo facesse, però, scatterebbe il bail-in, con perdite a carico anche degli obbligazionisti subordinati. Lei approva la nuova disciplina sui salvataggi bancari europea o è tra quanti in Italia la avversino?

Sul bail in, le ho appena risposto. A questo punto, esistono due “terapie”, una preventiva e l’altra successiva, in caso (speriamo di no) di peggioramento della situazione.

Quella preventiva è invitare ORA (anzi: SUBITO) gli obbligazionisti Mps a valutare la possibilità di liberarsi delle loro obbligazioni, per quanto possibile in questa situazione. Nessun allarme, nessun “terrorismo”. Personalmente, per quel nulla che vale la mia opinione, questo sarebbe il mio consiglio a chi mi chiedesse un parere. Ma almeno un’informazione sulla situazione in atto, sui rischi e sugli scenari, va immaginata e realizzata: in modo che ciascuno possa compiere consapevolmente (o meglio: ancora più consapevolmente) le proprie scelte, o almeno provare a farlo.

Quella successiva ricalca la strada che fu positivamente seguita nel 1982 dopo il crollo del Banco Ambrosiano per ridare fiato ai vecchi azionisti (ne furono protagonisti il Governatore Ciampi, il ministro Andreatta, e Giovanni Bazoli, alla guida del Nuovo Banco Ambrosiano): quello schema a me parrebbe praticabile anche oggi, nel caso in cui la situazione prendesse una piega catastrofica, com’è accaduto con Banca Etruria. Assegnare warrant – quindi un’opzione – in questo caso agli obbligazionisti subordinati sarebbe un modo di metterli potenzialmente in condizione di recuperare in futuro almeno qualcosa, dopo le perdite eventualmente subite.

[tweet_box design=”box_09″ float=”none”]#Capezzone: warrant a #obbligazionistiMPS[/tweet_box]

 

 

 

 6) Altro tema caldo è l’occupazione: il mercato del lavoro sembra aver esaurito la spinta propulsiva del Jobs Act. Da liberale qual è, come valuta la riforma del governo Renzi e quale pensa possa essere il modo per non interrompere la creazione di nuovi posti di lavoro?

Purtroppo, non funzionano neppure le riforme del mercato del lavoro se l’economia resta stagnante. Se tu “cambi le regole”, ma non rilanci la domanda e non rendi le nostre imprese più competitive riducendo il carico fiscale e burocratico, non c’è formula contrattuale, nuovo codice del lavoro, “politica industriale” o “incentivo” che possa magicamente creare nuovi posti di lavoro. Le imprese non assumeranno, o non assumeranno abbastanza. Perché il lavoro non si crea per legge o con operazioni dirigistiche, lo creano le imprese. E c’è un’unica vera politica in grado di creare condizioni favorevoli alla ripresa dell’economia e, di conseguenza, in grado di mettere le imprese in condizione di assumere: abbassare le tasse in modo consistente, forte, duraturo. Il migliore jobs act possibile, il solo modo per favorire la creazione di nuovi posti di lavoro, è un taglio fiscale massiccio, che renda le nostre imprese più competitive e rimetta in moto la domanda, accompagnato da un corrispondente processo di sburocratizzazione (ad esempio, un generale passaggio dal sistema delle autorizzazioni ex ante a quello dei controlli ex post).

7) L’immigrazione è un argomento caldissimo nell’Europa di oggi. La cancelliera Angela Merkel sembra avere subito una batosta nella sua regione proprio per la sua politica di apertura indiscriminata delle frontiere ai profughi. Se fosse al governo, come penserebbe di risolvere la questione dei flussi in ingresso nel nostro paese?

Servono soluzioni nette. Come Conservatori e Riformisti, da due anni proponiamo i modelli canadese e australiano.

Il punto essenziale è la scelta anno per anno delle quantità e tipologie di immigrati effettivamente integrabili nel mercato del lavoro italiano (come fanno altri Paesi, a partire da Canada e Australia). Quindi, accettare immigrazione selezionata e contingentata, compatibile con possibilità di inserimento sociale, lavorativo ed abitativo

Oltre questo limite, servono missioni di respingimento: “FERMARE LE NAVI PER FERMARE LE MORTI” (come attuato in Australia dal premier conservatore Tony Abbott “Operation Sovereign Borders”) .

8) Il vice-cancelliere tedesco, Sigmar Gabriel, ha di fatto dato per morto il TTIP, l’accordo di libero scambio tra UE ed USA. In entrambe le sponde dell’Atlantico soffia un vento contrario a queste intese transnazionali sulla libera circolazione delle merci, in particolare. Anche Lei appartiene a quel centro-destra italiano ostile al TTIP? E perché?

No, io da liberale credo nel mercato e nello scambio, e volentieri ho sottoscritto un appello dell’Adam Smith Society per non dare per morto il TTIP. Un eventuale blocco del TTIP si rivelerebbe un danno per noi e una perdita di opportunità per le nostre imprese. Sul TTIP sono state dette troppe sciocchezze, a destra e a sinistra.

[tweet_box design=”box_09″ float=”none”]#Capezzone: per #lavoro serve crescita non leggi[/tweet_box]

 

 

 

 

9) Il referendum costituzionale di novembre/dicembre viene considerato l’appuntamento più atteso per l’intera Eurozona o persino della UE nei prossimi mesi. Alcuni analisti stranieri lo giudicano anche più fatidico dello stesso voto sulla Brexit, sostenendo che un’eventuale vittoria dei “no” provocherebbe tensioni finanziarie molto gravi, finanche la fine della moneta unica. Qual è la Sua posizione e davvero crede che l’economia italiana potrebbe risentire negativamente di una sconfitta del premier sulle riforme istituzionali?

Ma no, nessuno choc. Renzi ha sbagliato due volte. Una prima volta, quando ha fatto perdere all’Italia un anno e mezzo sul Senato, anziché occuparsi di economia. E una seconda volta, quando, in materia di riforme, ha respinto le nostre proposte che avrebbero davvero favorito un passaggio alla Terza Repubblica. Gli chiedevamo tre cose: l’abolizione secca del Senato (non questo dopolavoro per consiglieri regionali), un tetto fiscale in Costituzione, e il presidenzialismo. Ha rifiutato. Noi quindi voteremo No. Questa riforma renziana, anziché semplificare, complica le cose, inserendo 10 diversi tipi di procedimento legislativo: sarà il paradiso dei ricattatori e dei mercanti di caos. Molto peggio di ora.

10) Se il premier mantenesse la sua parola e si dimettesse, una delle ipotesi in circolazione sarebbe la formazione di un governo tecnico. Lei lo appoggerebbe? Come pensa dovrebbe comportarsi nel caso il centro-destra?

No, il centrodestra deve fare primarie sul modello americano e prepararsi a nuove elezioni. E le primarie modello Usa (con un programma liberale) saranno al centro della Convenzione Blu che Raffaele Fitto e noi Conservatori e Riformisti abbiamo proposto a Roma per il 22 ottobre prossimo. Si può già aderire suwww.laconvenzioneblu.it

 

[tweet_box design=”box_09″ float=”none”]#Capezzone: niente #governotecnico, #primariecentrodestra[/tweet_box]