C’è che dice che per misurare il livello di civiltà di un paese, basta analizzarne la decadenza morale. Ebbene, la Commissione Parlamentare di Inchiesta sulla digitalizzazione dell’Amministrazione Pubblica ha analizzato i circa 400mila cellulari di Stato in dotazione ai dipendenti e il quadro che ne è venuto fuori è desolante dal punto di vista morale, nonché ‘salato’ dal punto di vista strettamente economico. Insomma, gli italiani pagano anche perché i dipendenti della PA possano godersi video porno, effettuare scommesse online o vedersi le partite della Serie A TIM dei dipendenti pubblici.

Ma vediamo i risultati dell’inchiesta.

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Gli sprechi della PA: dal porno alle scommesse online – a pagare sono gli italiani

L’inchiesta, resa pubblica nelle ultime ore, ha segnalato queste ‘anomalie’ nell’utilizzazione dei cellulari di Sato:

  • 840 abbonamenti a ‘SexyLand’
  • 665 abbonamenti a ‘Le porno Erasmus’
  • 564 abbonamenti (solo tra aprile e giugno 2017) a ‘Video Hard Casalinghi’
  • 12.000 abbonamenti a ‘Serie A TIM’
  • 630 abbonamenti a ‘Dillo alle Stelle’
  • 260 abbonamenti a ‘Pronto a tavola’

Insomma: video porno a go-go, calcio, siti di oroscopi, ma si parla anche di scommesse online, attivazione di servizi, partecipazioni al televoto, servizi di SMS home-banking e altro. Insomma, i dipendenti della Pubblica Amministrazione hanno caricato sui telefonini di Stato spese personali. Non si tratta di puro moralismo, ma che almeno il porno lo si guardi dal proprio smartphone, senza spendere soldi degli italiani.

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Sprechi PA: quanto costano agli italiani questi servizi sui cellulari di Stato?

La Commissione ha potuto verificare quanto segue: dal 2012 al 2017 sono stati spesi per chiamate a numeri ‘speciali’ con addebito (call-center, ad esempio), per servizi cosiddetti di ‘intrattenimento’, per servizi di carattere ‘interattivo’, circa 7,7 milioni di euro.

Circa 2 milioni all’anno. Si tratta, ovviamente, di cifre che non mettono in difficoltà il bilancio di uno Stato, ma raccontano molto della sua decadenza morale e della percezione che si ha del lavoro nell’Amministrazione Pubblica. Finché in Italia si riterrà che il ‘pubblico’ non rappresenta un servizio ai cittadini, ma una vacca da mungere, allora la retorica delle spending review (che, poi, come nel caso della Sanità, colpisce soprattutto i meno abbienti) avrà sempre la meglio. Punizioni esemplari ci vorrebbero: la difesa della Pubblica Amministrazione passa anche per una rivoluzione culturale e morale.