Una caduta improvvisa e marcata. Stamattina, il prezzo dell’oro ha fatto crac. Gli inglesi l’hanno definito il “gold crash”, perché all’inizio delle contrattazioni dopo la pausa del fine settimana, il metallo è crollato in pochi minuti del 4,4%, scendendo a una quotazione minima di 1.689,15 dollari per oncia. Parliamo di circa 75 dollari in meno. Cos’è successo da avere provocato un simile movimento al ribasso? Dopo la pubblicazione dei dati sulle assunzioni non agricole negli USA a luglio, le più alte da un anno, il mercato ha iniziato a speculare su un allentamento degli stimoli monetari da parte della Federal Reserve prima del previsto.

L’economia americana ha già cancellato le perdite provocate dal Covid e, pur segnalando qualche rallentamento nelle ultime settimane, poco ormai giustifica il mantenimento di una politica monetaria così espansiva. Oltretutto, l’inflazione a giugno è salita al 5,4%, livello massimo dal 2008. La prospettiva di un taglio degli stimoli FED sta colpendo le quotazioni dell’oro, risalite dopo il “crash” sopra i 1.745 dollari, ma pur sempre in calo dai quasi 1.900 dollari di inizio anno.

Dollaro e rendimenti USA pesano sull’oro

L’oro è un asset su cui investire particolarmente nei periodi di crisi, tensioni e di alta inflazione. Esso rappresenta un’alternativa ai titoli di stato, con al differenza che non stacca alcuna cedola. Ne subisce, di conseguenza, la concorrenza dei rendimenti. In questa fase, essi restano bassissimi in termini reali e nominali. Tuttavia, se le prospettive sull’economia globale migliorassero, il mercato si aspetterebbe rendimenti in salita. Questo deprimerebbe le quotazioni dell’oro.

Per quanto stiano rimanendo bassi, i rendimenti americani stanno risalendo lungo la curva dai minimi a cui erano scesi nelle precedenti sedute. Il Treasury a 10 anni è passato in qualche giorno dall’1,15% all’1,30%, quello a 30 anni dall’1,81% all’1,93%. Poca roba, ma la direzione è negativa per l’oro.

Segnala la prospettiva di una concorrenza più agguerrita sul fronte obbligazionario. E poiché i rendimenti europei restano ben inferiori, il dollaro se ne avvantaggia e continua a rafforzarsi. Ciò colpisce a sua volta l’oro, i cui prezzi risultano più cari per gli investitori non americani.

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