Ha provocato un piccolo terremoto politico in Germania la proposta del ministro delle Finanze, il socialdemocratico Olaf Scholz, di sospendere la norma costituzionale sul cosiddetto “freno al debito pubblico” per accollare allo stato federale circa 40 miliardi di euro di disavanzi accumulati da 2.500 comuni tedeschi, in modo da consentire loro di investire di più su strade e scuole, contribuendo alla ripartenza dell’economia tedesca. Dagli alleati conservatori della CDU, il partito della cancelliera Angela Merkel, c’è stata una levata di scudi alla sola ipotesi.

Il responsabile del bilancio del partito, Eckhardt Rehberg, ha avvertito ieri il ministro che “la Costituzione non è una bottega”, preannunciando l’opinione contraria dei cristiano-democratici.

In Germania il debito pubblico scende e la politica litiga sull’avanzo fiscale

Eppure, l’idea era stata condivisa da un conservatore come Peter Altmaier, stretto collaboratore della Merkel e ministro dell’Economia, secondo cui la sospensione della regola sul debito consentirebbe all’economia tedesca di superare questa fase di stagnazione, attraverso uno stimolo fiscale “rivitalizzante”.

Nel 2014, quando alle Finanze vi era il “falco” dell’austerità fiscale, il conservatore Wolfgang Schaeuble, il Parlamento tedesco approvò la norma del cosiddetto “Schwarze Null”, letteralmente “lo zero nero”, che consiste nell’obbligare il governo federale e le amministrazioni locali a chiudere i bilanci ogni anno in pareggio. E’ consentito lo sforamento massimo per lo 0,35% del pil. Entrata in vigore dal 2016, la norma è andata ben al di là delle previsioni, con attivi di bilancio che hanno toccato l’1,7% del pil nel 2018, sfiorando i 60 miliardi di euro. E così, il debito pubblico tedesco, anziché crescere, diminuisce persino in valore assoluto, cosa che non accade in nessun’altra grande economia del pianeta.

L’adesione alle regole come principio irrinunciabile

Dall’estero, cresce la pressione sulla Germania, affinché utilizzi i margini fiscali ritagliatasi in questi anni per sostenere la propria economia, a beneficio di tutta l’Eurozona.

BCE, Fondo Monetario Internazionale e Commissione europea (la presidente tedesca Ursula von der Leyen non si è, però, spesa personalmente sul tema) vorrebbero che Berlino investisse di più in infrastrutture, ma dai tedeschi è arrivato un “nein” costante a queste richieste. A dire il vero, parte dell’avanzo fiscale è stato già utilizzato per sostenere un piano pluriennale “verde” di investimenti, così come anche per tagliare le tasse, ma resta il fatto che anche per quest’anno i conti pubblici chiuderanno in surplus, per cui la norma costituzionale non solo non verrà violata, ma risulterà ancora una volta più che rispettata.

Piaccia o meno, la Germania ha ragione a rivendicare il rispetto della sua Costituzione. Nei decenni, ha costruito la sua credibilità in politica estera e sui mercati internazionali proprio sull’adesione alle regole. Se oggi i suoi Bund vanno a ruba, pur rendendo fino a tre quarti di punto percentuale sottozero, è per la fortissima fiducia che riesce a riscuotere tra gli investitori di tutto il mondo, i quali sanno con certezza che la parola del governo tedesco vale oro. Non lo stesso può dirsi dell’Italia, che a differenza della Germania è molto più veloce ad approvare cambiamenti persino epocali della sua Costituzione, salvo non adempiervi.

Niente debiti, siamo tedeschi

Nel 2012, sotto il bombardamento dello spread, il Parlamento approvò a larghissima maggioranza la riforma dell’art.81, introducendo l’obbligo del pareggio di bilancio. Sono passati otto anni da allora e non vi è stato un solo esercizio chiuso tendenzialmente in pareggio, anzi tutti i governi di Roma da allora si sono spesi in Europa per ottenere maggiore flessibilità fiscale, vale a dire più deficit, contraddicendo la nostra Carta fondamentale. Vi chiediamo: è più credibile chi si attiene alle proprie stesse decisioni, pur con apparente ottusità, oppure chi aderisce a regole “imboccate” dall’esterno senza mai segnalare di volerle rispettare?

La parola dei tedeschi sui mercati vale

A conferma che i tedeschi siano un popolo serio, l’eventuale sospensione della norma sul debito non passerebbe attraverso una violazione formale della Costituzione, bensì da una riforma temporanea della stessa, che richiederebbe l’approvazione dai due terzi dei componenti sia al Bundestag che al Bundesrat, dove servirebbe, quindi, una maggioranza molto più larga di quella di governo; improbabile che vi sia, ammesso che i conservatori votassero compatti a favore, cosa che non sembra.

Certo, le divisioni vi sono anche nello schieramento di centro-destra, anche perché Scholz starebbe cercando di ingolosire Armin Laschet, candidato alla segreteria della CDU per il congresso di aprile e governatore del Nord-Reno Vestfalia, il Land che beneficerebbe maggiormente dell’accollo dei debiti comunali al governo federale, ospitando il maggior numero delle amministrazioni in difficoltà finanziarie che si vedrebbero sgravate dalle passività. E a differenza dello sfidante Friedrich Merz, egli ha tendenze più di “sinistra” dentro al partito, cioè si mostra meno rigido sui temi fiscali, e non solo.

Molto difficile che la Germania ponga fine all’austerità fiscale, limitandosi semmai a tagliare i surplus di bilancio. Del resto, anche trasferendo in capo allo stato 40 miliardi di euro di debiti di migliaia di comuni, il governo federale potrebbe riuscire ugualmente a rispettare il dettame costituzionale. Nonostante tutto il mondo chieda loro di mostrarsi più flessibili, i tedeschi non cambiano modo di pensare e ribadiscono contro tutti e tutto che per loro la parola data vale oro. E la credibilità reputazionale sui mercati finanziari ha effetti positivi nel lungo periodo, ragione per cui oggi la Germania può emettere debito senza nemmeno pagare più gli interessi, ma chiedendoli agli obbligazionisti.

La Germania è sulla strada per azzerare gli interessi sul suo debito pubblico

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