Vi ricordate l’arrivo concitato di Matteo Renzi a Palazzo Chigi nel febbraio di quest’anno? Sono passati appena 6 mesi e mezzo, ma sembra un’eternità. Il “rottamatore” e neo-segretario del PD prendeva il posto di un inconcludente Enrico Letta, costretto alle dimissioni, a causa dell’estrema impopolarità del suo esecutivo, oltre che per le ambizioni smisurate dell’ex sindaco di Firenze. L’incoronazione di Renzi a premier fu salutata come una svolta quasi epocale dalla grande stampa e persino quella avversaria guardava con un misto tra invidia e ammirazione il più giovane premier della storia italiana.

Renzi aveva promesso ai suoi ministri una misura shock al mese per dare una sferzata all’economia e ai consensi del “suo” partito. Fu presentato immediatamente alle Camere il “Jobs Act”, una riforma del mercato del lavoro, che avrebbe dovuto mettere fine a un ventennio di legislazione frammentaria e poco coraggiosa. Ma il colpo di genio arrivò con gli 80 euro in busta paga per i lavoratori dipendenti. Populismo o meno, dopo anni di austerità e stangate fiscali, sembrò davvero l’inizio di un nuovo linguaggio, di una politica volta al “dare”, piuttosto che solo al “prendere” agli italiani.   APPROFONDISCI – Esodati, contratti, Jobs Act: tutte le misure allo studio del Governo  

Il trionfo elettorale

Era il 25 maggio. Tutti (o quasi) pronosticano l’avanzata e forse anche la vittoria di Beppe Grillo alle elezioni europee. Avviene esattamente il contrario. Il PD, dato comunque forte nei sondaggi, arriva allo strepitoso risultato del 40,8%, la percentuale più alta mai ottenuta da un partito dai tempi della Democrazia Cristiana nel lontanissimo 1958. Per Renzi, più che per il PD, fu un trionfo immenso. Con l’opposizione inesistente nei numeri e nella sostanza, frammentata in partiti e partitini inconcludenti e in rissa tra loro e con alleati ridotti a consensi da prefisso telefonico, il premier ha ora tutte le condizioni per imporre la sua visione all’Italia e all’Europa, essendo divenuto il PD il partito più numeroso come componenti dentro al Pse nel Parlamento di Strasburgo.

A dirla tutta, è stato in assoluto il partito più votato in Europa, più della CDU-CSU della cancelliera Angela Merkel.

I passi falsi in Europa

E, invece, inizia proprio dal 26 maggio il suo declino personale e di prestigio in Europa. Il 2 luglio scorso, Renzi pronuncia al Parlamento europeo il suo discorso di insediamento, in qualità di presidente di turno della UE. Anziché impostare un programma ambizioso e imporre una sua visione “forte” per l’Europa, si limita a chiedere un indebolimento del Patto di stabilità, che oltre ad essere quasi impossibile, appare ai più una sorta di baratto di affari personali. Si scaglia contro la Germania, rea di avere sforato il tetto del deficit proprio sotto la presidenza italiana del 2003. Per lui arrivano le critiche e immediate. Il capogruppo del PPE, il tedesco Manfred Weber lo contesta, il governatore della Bundesbank, Jens Weidmann, quasi lo deride in Germania. La cancelliera e il suo ministro delle Finanze, Wolfgang Schaeuble, cercano di tenere buoni i loro ministri e deputati, ma iniziano a mostrare sfiducia verso l’operato del governo Renzi. Lo stesso Mario Draghi, prima suo sponsor in Europa, ne prende vistosamente le distanze e invoca la cessione di sovranità sulle riforme, consapevole che in Italia altrimenti non arriveranno mai.   APPROFONDISCI – Renzi accerchiato, Draghi minaccia la Troika per l’Italia sulle mancate riforme   A Bruxelles, Renzi incassa il no alla Mogherini come Alto commissario per la politica estera. Troppo filo-russa, sostengono i partner europei, ma è il segno evidente della scarsa autorevolezza di cui gode il governo italiano a Bruxelles.   APPROFONDISCI – Il vero test per Juncker? Le sanzioni alla Germania, Renzi ha sbagliato sulla flessibilità  

Lo stallo in Italia

Nel frattempo, i risultati in Italia non arrivano.

Il “Jobs Act” è stato modificato e ri-modificato alle Camere, non si capisce più cosa contenga e se ne ridiscuterà a settembre. A parte gli 80 euro in tasca, gli italiani non incassano alcuna riforma. Lo stesso bonus, si scopre, non potrà essere elargito anche a pensionati e lavoratori autonomi per assenza di risorse. Siamo in piena estate. Si fanno i conti e non tornano. Complice un piano di privatizzazioni al palo, servirebbe una manovra correttiva dei conti pubblici da 10-20 miliardi. La ripresa dell’economia non c’è. Anzi, l’Italia piomba in recessione. L’obiettivo di una crescita dello 0,8% per quest’anno è semplicemente ridicolo. Va bene se riusciamo a centrare lo zero percento. Renzi, secondo una iattura che ha colpito tutti i suoi predecessori, nega la realtà, si aggrappa a qualche segno più, sembra sconnesso dal paese reale. E sono nemmeno 200 giorni dal suo arrivo a Palazzo Chigi.   APPROFONDISCI – Renzi sfida i numeri: niente manovra correttiva. Ma Scalfari: meglio che arrivi la Troika   In difficoltà, punta tutto sulle riforme istituzionali e sulla legge elettorale. Importanti, certo. Ma non urgenti, come quelle sull’economia. La grande stampa lo molla, il Corriere della Sera lo critica quotidianamente e il suo direttore, Ferruccio De Bortoli, arriva a ipotizzare che in Italia arriverà la Troika. L’economia ha rottamato Renzi.   APPROFONDISCI – Prelievo forzoso, manovra da 20 miliardi e arrivo della Troika. E’ un incubo o la verità?