Ci sono politici, ambientalisti e rappresentanti di commercianti e librai tra i firmatari di una petizione in Francia per invitare i consumatori al boicottaggio di Amazon a Natale. L’iniziativa quest’anno è più sentita che mai, a causa del lockdown che tiene chiusi i negozi fisici da settimane. Poiché il governo paventa il rischio di riaperture solamente a partire da gennaio, i commercianti francesi corrono il rischio di perdere una fetta importante della clientela a favore dei colossi su internet, Amazon in testa.

Da qui la petizione per invitare non soltanto a non comprare online sul portale del gigante americano, ma anche per spronare agli acquisti nei negozi locali.

La situazione è delicata, tant’è che il portavoce del governo Gabriel Attal ha dichiarato nei giorni scorsi che bar e ristoranti con ogni probabilità riapriranno a gennaio, mentre per i negozi si potrebbe ipotizzare un anticipo per dicembre, specie se la curva dei contagi dovesse sgonfiarsi. E gli ultimi dati in tal senso appaiono promettenti. Secondo il presidente Emmanuel Macron, il picco sarebbe stato già superato.

Ad ogni modo, il tema si presenta in queste settimane un po’ in tutta Europa. In Italia, non esiste (ancora) un vero lockdown nazionale, ma sono diverse le regioni “rosse”, cioè soggette alle massime restrizioni per via dei rischi sanitari che presentano. Ad oggi, parliamo di Valle d’Aosta, Piemonte, Lombardia, provincia autonoma di Bolzano, Toscana, Campania e Calabria. In queste realtà, i negozi che vedono beni non primari sono stati chiusi, così come bar e ristoranti, questi ultimi anche nelle regioni “arancioni”. Questo significa che in un grosso pezzo d’Italia, se le condizioni rimanessero queste, per Natale non sarebbe possibile fare shopping, se non eventualmente online.

Per ovviare al problema, nel caso in cui ci fossero ancora regioni in colore arancione o rosso sotto Natale, il governo starebbe ipotizzando un allentamento delle restrizioni per favorire il commercio tradizionale.

Oltre agli ingressi scaglionati per fasce d’età nei negozi, si consentirebbe ai centri commerciali di tenere aperto e il coprifuoco verrebbe spostato di qualche ora.

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Non serve il boicottaggio contro Amazon

Va da sé che Amazon non ha colpe per il lockdown, pur essendone tra i principali beneficiari. E gli appelli al boicottaggio appaiono figlie più di una mentalità luddista che non la ricerca di una soluzione reale alla crisi del commercio tradizionale, peraltro iniziata ben prima dell’emergenza Covid. Il successo di Amazon è frutto di diversi ingredienti: velocità nelle consegne, prezzi convenienti, offerta vastissima e disponibile h24, possibilità di comparare marche e prezzi, sicurezza negli acquisti. Pensare di salvare i negozi fisici quasi ipotizzando di “oscurare” i siti dei colossi su internet appare grottesco. Piuttosto, facciano mea culpa coloro che in questi anni hanno finto di non vedere la realtà che avanza e si sono rifugiati in difese anacronistiche e corporative per cercare di mettere in salvo il salvabile, ma finendo per esacerbare la loro crisi.

In Italia, ancora oggi non risulta formalmente possibile praticare sconti quando lo si desidera, perché bisogna attendere i periodi fissati su base regionale per i saldi estivi e invernali. Senonché, gli sconti online ci sono tutto l’anno e i rappresentanti dei commercianti, spesso anziché protestare per richiedere una ventata di liberalizzazioni a favore della concorrenza e degli stessi iscritti, hanno istigato la politica a imporre limitazioni fuori dal tempo al mercato. Risultato: nessuno quasi aspetta più dopo Natale o inizio luglio per comprare a prezzi scontati nei negozi.

Il commercio tradizionale va salvaguardato certamente, anche perché esso tiene vive le città e produce esternalità positive, specie nelle aree centrali.

E’ sul come che bisognerebbe interrogarsi? Fatto salvo che non sia possibile negare ai consumatori il diritto di fare acquisti online, i negozi fisici dovrebbero avere una presenza anche su internet e organizzarsi per effettuare le consegne a domicilio nelle aree circostanti. Molti già lo fanno e molti sono presenti proprio su Amazon o altri portali concorrenti, a conferma che fare una guerra al colosso di Jeff Bezos di per sé non significhi affatto difendere il Made in Italy. Serve più e non meno mercato, massima libertà per i negozi di scegliere quali prezzi da praticare e quando, gli orari di apertura, etc. Illudersi di tornare a 10 o 20 anni fa non ci risparmierà di imbatterci nella realtà.

Shopping online deleterio per commercio tradizionale e banchieri centrali

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