Sarà l’olandese Ronald Koeman il nuovo allenatore del Barcellona. Lo ha annunciato l’altro ieri il presidente Josep Bartomeu, che ha messo sul piatto la sua stessa carica, in vista delle elezioni del prossimo anno, parlando chiaramente di “crisi sportiva” e sostenendo di non essersi dimesso, perché all’inizio del prossimo campionato mancano solo 5 settimane. Koeman non sarebbe una scelta granché condivisa da Lionel Messi, che avrebbe puntato sulla figura di Xavi. Anche per questo, salgono ulteriormente le probabilità che l’argentino dia l’addio ai blaugrana, nonostante il presidente abbia rassicurato i tifosi che egli intenda concludere la carriera qui e che sarà al centro del progetto del nuovo allenatore.

In teoria, il contratto che lo lega alla società catalana fino al 30 giugno dell’anno prossimo prevede che possa svincolarsi a costo zero per l’acquirente, purché comunichi la decisione entro il 31 maggio, cioè al termine di ogni stagione. Essendo scaduto il termine, chi volesse ingaggiarlo dovrebbe pagare al Barça la clausola rescissoria da 700 milioni, una cifra monstre che difficilmente qualcuno sarebbe mai disposto a sborsare.

In realtà, molto più probabile che nel caso in cui Messi volesse lasciare la Spagna, Bartomeu ne consenta la partenza, pretendendo dalla società acquirente il pagamento di un prezzo di cartellino relativamente contenuto, grosso modo di oltre 110 milioni, cifra che corrisponderebbe anche al suo valore di mercato e superiore a quella che due anni fa la Juventus sborsò per prendersi Cristiano Ronaldo dal Real Madrid.

Dunque, per i tifosi interisti la buona notizia è che aumentano le chance che Messi lasci il Barça; la cattiva è che se Suning volesse farlo arrivare a Milano, con ogni probabilità dovrebbe mettere mano al portafoglio anche per il cartellino, tenuto conto che già solo lo stipendio lordo annuale ammonterebbe a non meno di 45-50 milioni.

L’investimento diverrebbe più esoso e l’esito dell’analisi benefici-costi più dubbia.

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I conti del Barça

Dai bilanci societari, emerge che il Barcellona è la prima squadra al mondo ad avere superato il miliardo di dollari di ricavi. La stagione 2018/2019 si sarebbe chiusa con un fatturato di 960 milioni di euro, in crescita dai 914 milioni della precedente. C’è una differenza, però, tra la contabilità catalana e quella seguita dagli altri club europei, così come dagli analisti di Deloitte e da Forbes: le plusvalenze vengono inserite tra i ricavi, cosa che gli altri non fanno, limitandosi a sommarle ai risultati operativi. Al netto dei profitti da calciomercato, il fatturato scenderebbe a 840,8 milioni, restando una cifra ragguardevole. Il fatto è che senza quei 131 milioni di plusvalenze maturate e in calo dalle precedenti 228 milioni, quando incise la cessione di Neymar con il folle pagamento da parte del PSG di 222 milioni di clausola rescissoria, i conti societari sarebbero in rosso di un centinaio di milioni.

Già, perché il Barça incassa tantissimo, ma spende altrettanto. Gli stipendi dei giocatori si aggirano sui 500 milioni, gli ammortamenti sui 140. Le due voci sommate incidono per il 66% del fatturato, plusvalenze incluse, e per oltre il 76% del fatturato al netto di esse. Da qui, la necessità per i catalani di maturare con il calciomercato profitti permanenti ed elevati. Il punto è che non esiste ogni anno un Neymar da vendere e, anzi, quest’anno si ha la necessità di acquistare nuovi fenomeni per ridare linfa alla squadra e al gioco e per rimpiazzare alcune partenze, tra cui quella probabile di Luis Suarez, il quale non ha escluso di concludere la sua carriera dopo il disastro con il Bayern.

E qui i tifosi interisti possono, in un certo senso, tornare a sperare.

Se da un lato il Barça dovrà fare cassa, dall’altro non può permettersi di tenere controvoglia Messi in rosa, avendo l’impellenza di vendere per “gonfiare” i ricavi. Aiuterebbe, poi, togliersi con un anno di anticipo dai costi quel maxi-stipendio dell’argentino, certamente meritatissimo, ma comunque bisogna ormai ragionare in prospettiva e già i blaugrana stanno avviando il nuovo corso, di cui Messi non farà parte per ragioni, anzitutto, anagrafiche.

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