Si chiama “Fake Pass” l’operazione in corso da stamattina della Polizia di Stato, che ha già portato in tutta Italia alla chiusura di 32 canali Telegram. Oggetto delle indagini è la rete della truffa relativa alla vendita di green pass falsi. Come sappiamo, dal 6 agosto scorso è necessario il possesso della certificazione verde per entrare nei locali al chiuso e partecipare ad eventi. Essa dimostra, infatti, che il possessore sia immunizzato contro il Covid-19. Non tutti l’hanno presa bene. Una parte degli italiani si è mostrata restia a rinunciare alla propria libertà e non intenta ad accettare nei fatti l’obbligo del vaccino contro il Covid.

Tra questi, qualche centinaia di persone, che pur di non vaccinarsi sono cadute nella trappola di truffatori senza scrupoli. Per una cifra che varia tra 150 e 350 euro, sono stati loro rilasciati green pass falsi. A prima vista, perfettamente identici a quelli veri, ma al momento dell’uso non hanno funzionato. Il codice QR non è risultato leggibile o corretto e le certificazioni si sono rivelate perfettamente inutilizzabili.

Come funziona la doppia truffa sui green pass falsi

A questo punto, alcune delle vittime hanno ricontattato i truffatori, minacciandoli di denunciarli nel caso di mancata restituzione del denaro versato. E qui, oltre il danno, è arrivata la beffa. Per niente intimoriti, i truffatori hanno inviato loro un messaggio, nel quale chiedono il versamento di altro denaro – 350 euro in Bitcoin – al fine di evitare la pubblicazione in rete dei loro nomi e delle tracce comprovanti l’acquisto di green pass falsi. I dati, spiegano, saranno inviati al Ministero della Salute con l’obiettivo di impedire che i clienti simulino la perdita del green pass o per annullare le denunce già sporte.

Qualcuno avrebbe già pagato. Con il risultato di non avere preservato alcuna delle libertà ambite e di avere buttato nel bidone dell’immondizia tanto denaro per nulla.

I truffatori che si celano dietro ai gruppi presenti su Telegram hanno scritto che vorrebbero impartire una “lezione di vita” a quanti li abbiano minacciati, pur essendo dalla parte del torto e consapevoli che i loro dati siano alla mercé della controparte dall’anonimato garantito.

Tra gli utenti in rete si è persino insinuato il dubbio che, date le modalità di svolgimento della truffa, dietro vi sia lo stesso governo. Allucinazioni forse frutto della frustrazione. Ad ogni modo, come direbbe un proverbio “i pifferai scesero dalla montagna per suonare e furono suonati”. Coloro che pensavano di superare il resto degli italiani in furbizia, adesso si ritrovano col patema d’animo di essere braccati dalla Polizia di Stato nel caso in cui i loro dati fossero pubblicati assieme alle prove del pagamento. Del resto, non è da scaltri opporsi al green pass obbligatorio, adducendo tra l’altro valide argomentazioni relative alla tutela della privacy, salvo consegnare i propri dati e documenti a perfetti sconosciuti e a capo di organizzazioni criminali.

[email protected]